Il nono disco dei Kings of Leon si intitola Can We Please Have Fun.
Poco più di vent’anni fa, i Kings of Leon sembravano la risposta southern agli Strokes; più grezzi come si conviene, ma a loro modo una speranza che il rock basico non sarebbe scomparso. Al nono LP con Can We Please Have Fun, Caleb Followill, Jared Followill, Nathan Followill e, Matthew Followill hanno cambiato etichetta, lasciando la RCA e pubblicando il nuovo su LoveTap Records / Capitol Records. Il disco è stato registrato presso lo Studio Dark Horse Recording di Franklin, nel natio Tennessee, ed è prodotto dall’inglese Kid Harpoon, il cui successo maggiore è legato all’ambito pop: Harry’s House di Harry Styles.
Un seguito per il disco del 2021
Con Can We Please Have Fun i Kings of Leon seguono la formula di When You See Yourself, ovvero un rock radiofonico che già non aveva entusiasmato. Il disco si apre bene con Ballerina Radio, pezzo melodicamente ben centrato, con la strumentazione tradizionale del quartetto arricchita da orchestrazioni. Tuttavia, l’iniziale speranza si blocca subito all’ascolto dei pezzi successivi, incluso Mustang, uscito come primo singolo già a febbraio. Risaputi e poco incisivi, paiono a volte suonati con stanchezza, senza la coesione che ti aspetteresti da una band che sta insieme da vent’anni.
Un ritorno al passato?
In certo momenti, come annunciato nelle interviste, cercano di recuperare l’immediatezza di un tempo: è il caso di Nothing to Do. Ma anche qui non trovano la melodia giusta.
Fa eccezione Actual Daydream, con la quale il ritmo rallenta e il quartetto riesce a trovare la via giusta. In realtà è proprio nei momenti più pacati, nei quali sembra che i Kings of Leon non si sentano costretti a suonare ‘il rock’ che Can We Please Have Fun riesce meglio. Su questa lunghezza d’onda almeno Don’t Stop the Bleeding e Ease Me On meritano una menzione.
È abbastanza per guadagnarsi una sufficienza, è sufficiente per un ascolto distratto, ma con un titolo come Can We Please Have Fun ci attendiamo che i Followill divertano più di così.
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M i trovo sostanzialmente d’accordo con quanto esposto, benché una risicata sufficienza sia poco per un album che mantiene, almeno in parte, quanto promesso: i KOL sono comunque garanzia di qualità! Picco raggiunto con “Actual daydream”. P.S.: Sicuramente un ascolto prolungato permetterà ad ogni singolo brano di essere assimilato al meglio, migliorando il voto generale del disco. Un po’ come era successo con “When you see yourself”, che sulle prime sembrava scarno ma poi si è rivelato essere un disco tutto sommato buono.