Di scena al Teatro Verdi di Firenze Ci Vuole Orecchio: Elio canta e recita Enzo Jannacci.
14 gennaio 2023. Il tour partito nella stagione teatrale 2021/2022 nel caos pandemico, prodotto da AGIDI e International Music and Art, tra le oltre 50 date previste arriva anche a Firenze, sul palco del Teatro Verdi. Non è un sold out ma di posti ne sono rimasti davvero pochi. Elio è senza le Storie Tese, penso, ma è forte della sua rodata abitudine ai palchi live e alle grandi telecamere della TV: certo non si lascerà spaventare(?) dal palco del Verdi anche se stasera il pubblico in sala è qui non solo per Stefano Belisari e per il suo Personaggio. Sparsi nei corridoi alla ricerca dei posti assegnati, prima, e seduti, adesso, ci sono (e sono molti) i fans di Jannacci (a cui Enzo manca e manca parecchio) per lo più lo zoccolo duro, figli di un’epoca che sembra lontana ma che ritrova nei testi di Enzo un’attualità ironicamente sconcertante. Stasera nell’aria c’è voglia di chiamare le cose con il proprio nome, come le sapeva chiamare Enzo, ridere raccontando con voce sguaiata e alta (anche con un megafono) tutte le storture di noi piccoli esseri umani, della società (la sua dell’epoca che si mescola tranquillamente alla nostra contemporanea) e della sua città Milano, che non è così lontana dal resto dell’Italia intera. “Che difficile farsi accettare per le canzoni” cantava Enzo Jannacci: se avesse visto il Verdi stasera, avrebbe quantomeno tirato un sospiro di sollievo.
Un Concerto-Spettacolo in 100 minuti per Elio-Jannacci
No, non sono molti 100 minuti (almeno per un’appassionata come me di Jannacci). I brani sono 16 compreso il bis. La musica suonata, e non solo quella, dati gli interventi con sketch e cori perfettamente scomposti, è in mano ad un impeccabile e colorito quintetto composto da Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri sassofono e Giulio Tullio al trombone, con arrangiamenti di Paolo Silvestri. Una gioia per le orecchie! In oltre il regista Giorgio Gallione cuce perfettamente assieme la band ed Elio per tutta la durata dello spettacolo, con fluide scelte di movimenti in scena per sottolineare il passaggio Brano/Prosa. Alcune delle canzoni scelte sono volutamente di nicchia come “Sopra i vetri”, “La luna è una lampadina”, “Parlare con i limoni” e comunque, anche quelle più conosciute, sono abbinate e legate perfettamente con la trama della prosa che le anticipa.
Prosa composta da scritti e pensieri ripresi per l’occasione e partoriti da signore menti, cuori, acume e ironia come quelle di Beppe Viola, Cesare Zavattini, Franco Loi, Michele Serra, Umberto Eco, Fo e Gadda. In contrasto (evviva!) con il perfetto ma non originale scheletro dello spettacolo va la rumorosa messa in scena del grande amore di Jannacci e Elio: l’assurdo. L’assurdo come naturale attitudine alle questioni della vita e l’assurdo come bandiera sotto cui i performer stessi e gli spettatori sono felicissimi di avvolgersi e sentirsi uniti almeno per la durata dello spettacolo, prima di ritornare al caos delle città e delle proprie esistenze.
Ridendo e scherzando: come Arlecchini ci confessammo…
Basterebbero la scenografia fatta di cubi illuminati multicolore, i tessuti scelti per i completi della band e quello di Elio con fantasie piacevolmente eclettiche, lo scoppio di stelle filanti (sul pubblico) e la pioggia di coriandoli (in scena) per ricreare un’atmosfera “non del tutto spensierata” da Saltimbanco/Carnevalesca, ma, saggiamente, l’atmosfera non basta (evviva!). Oltre ai testi dei brani e ai racconti scelti, che fanno scorrere una carrellata colorita di storie assurde i cui protagonisti vanno da mucche che rapinano banche passando per storie d’amore decadenti scritte su muri fino ad autoarticolati che fanno l’amore con furgoni, ci sono alcuni interessanti e soprattutto ricorrenti spunti, lungo tutta la serata, che non voglio credere casuali, due in particolare: il rapporto del pubblico con il teatro e il tormentone che mi sento già di taggare come #sisaigiovaninoncapisconouncazzo (che credo in realtà sia in difesa dei giovani ma non ci metterei la mano sul fuoco al 100%). Molto e a più riprese si parla (ridendo ovviamente) e commenta l’approccio dello spettatore al rituale della classica serata a teatro: “Il pubblico viene in teatro per il Foyer. Sapete vero cos’è? Il Bar! Si siede solo quando non è più possibile rimandare…”, “Per riportare la gente in teatro basterebbe spostare le poltrone al Bar”. Tutti ridono e una parte di verità è digerita e servita direttamente al tavolo/poltroncina, in porzioni uguali.
https://youtu.be/IKiB3ajDVFU
La seconda questione, quella dei giovani, raggiunge (tra gli altri esempi che non spoilero nel caso vogliate godervi la serata dal vivo) la sua punta massima quando nel narrare la storia del “…Traffico che non obbediva più e voleva scappare…” viene descritta la gioventù del signor Traffico dichiarando: “…Amava gli ingorghi di Milano e il caos, era giovane…” accompagnato da “Si sa, i giovani non capiscono un cazzo”. Tutti ridono e il secondo giro di verità(?) viene digerito e servito. Credo quindi che, come spesso accade, qualcuno si confessò burlando e che però gli Arlecchini silenti eravamo anche noi spettatori o almeno una parte di noi sicuramente (Arlecchino, popolano sciocco e ignorante ma scaltro, atavicamente affamato, incapace di pensare a costruirsi una propria solidità se non frodando e raggirando gli altri). Jannacci lo sapeva bene e anche Elio si è fatto una sua idea negli anni tanto da farci una carriera fino a portare in tournée uno spettacolo comico (non chiamatelo “omaggio” che non vuole) e tragicamente umano, senza fare né una pausa né una piega per 100 minuti steccando solo 3 note su “Quando il sipario calerà” in cui finalmente fa capolino Lo Stefano, che inciampa forse nel rilassamento per il penultimo brano in scaletta o che si chiede per un secondo se “Vale tanto una canzone? Chi lo sa”. Chi lo sa, ma comunque il tour continua e Enzo, con le sue canzoni, non sa farsi dimenticare.