Paolo Conte

Paolo Conte in concerto a Firenze, Piazza della Santissima Annunziata, 21 luglio 2023.

Sono così belli i concerti di Paolo Conte, che ogni volta senti una stretta al cuore, anche un po’ spaventato dagli anni che passano. È già parecchi anni che il Maestro viaggia in concerto con il pilota automatico, con una scaletta pressoché identica e un’esibizione che si conclude con una lunga coda di Diavolo Rosso dove viene dato il giusto ampio spazio ai diversi (straordinari) solisti della fenomenale orchestra che lo accompagna.

Paolo Conte continua a stupire

Non ci si deve aspettare quindi nulla di nuovo ed inaspettato, intesi nel senso più banale ed ordinario del termine. Ma a un concerto di Paolo Conte, ed è questa la particolarità più stupefacente che questo magnifico artista riesce a ricreare ad ogni concerto, le cose che ogni volta ti sorprendono e che ti stupiscono (inspiegabilmente, perché in realtà le dovresti già conoscere) sono dentro il mondo che abita lo strepitoso catalogo di canzoni.

Una sorta di meraviglia che ogni volta si rinnova e rinasce ed è come se fosse la prima volta che ascolti quel fantastico mondo diviso tra la piccola placida provincia, popolata di cose deliziosamente démodé, come tinelli, settimane enigmistiche, taffetà, accappatoi azzurri, fumosi dancing da cui l’artista astigiano ci va volare in un esotico modo popolato da mari di gennaio, oranghi, zebre, spiagge, jazz e vecchie rumbe.

Lì lo stupore è continuo e miracolosamente Paolo Conte riesce a ricrearlo ogni sera, con delle interpretazioni forti ed intense nonostante l’età ormai, ahinoi, non più verdissima. È un artista strepitoso, dotato di un elegante generosità e di una classe innata che ti fa addirittura rivalutare la professione di avvocato (dal nostro uomo esercitata fino a pochissimi anni fa, nonostante a partire degli anni 80 la carriera artistica avesse preso il volo con un successo sempre crescente).

Personalmente l’ho sempre ritenuto il più grande artista italiano (assieme a Giorgio Gaber) e continuo a pensare che un verso come “l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti un mare venerato” (da Boogie) abbia una capacità evocativa e di suggestione senza pari che nessuno in Italia sia mai stato in grado di eguagliare

Il concerto

Il concerto di Firenze ha per l’ennesima volta confermato la grandezza dell’artista; scaletta che pesca pezzi noti (l’immancabile Vieni via con me), piccole chicche (Uomo camion) e i grandi affreschi sonori (Dancing, Max, Diavolo Rosso); una menzione speciale per Alle prese con una verde milonga, inizio di basso dolcemente ossessivo e palco illuminato di verde, canzone da lacrime, che Conte esegue e canta in un crescendo di pathos magistrale.

Accompagnato da un’orchestra di undici strepitosi elementi, Conte sciorina il suo repertorio colorandolo di eleganti e dovuti omaggi (l’Ellington nei fenomenali fiati di Sotto le Stelle del Jazz, lo swing di Django Reinhardt in Aguaplano, Diavolo Rosso e Dancing, con l’eccezionale duo di chitarristi (Daniele Dall’Omo e Luca Enipeo).

Concerto bellissimo e come sempre emozionante, guidato dal gusto, dall’eleganza e dalla classe innata di Paolo Conte, tutte doti e qualità che l’artista astigiano non ostenta (anzi, si muove come se fosse deliziosamente fuori posto, e non è una cosa legata all’età perché è sempre stato così) ma che semplicemente possiede e che ci offre attraverso le mille sfumature e le mille immagini delle sue canzoni.

E alla fine sono, giustamente applausi scroscianti, mentre lui se ne va, con i suoi occhiali scuri con una vezzosissima montatura gialla a riposarsi in camerino a fumarsi l’ennesima, meritata, Marlboro.

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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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