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Rock en Seine @  Domaine Nationale de Saint-Cloud, Parigi. 25-26-27 agosto.

Rock en Seine 2017

Ormai è quasi una tradizione: il Rock en Seine chiude la stagione dei grandi festival europei, come Reading & Leeds in Inghilterra. E permette di tirare un primo bilancio sulla musica di questo 2017. Quest’anno ci sono headliners (Franz Ferdinand, PJ Harvey, The xx) in grado di offrire un set eccellente. Nonché seconde e terze posizioni che spaziano fra generi differenti, con qualche bella sorpresa.

Rock en Seine: venerdì 25 agosto

La mattina ha piovuto forte, qualche timore per il fango, ma nel complesso il Domaine de Saint-Cloud, storico parco ai margini di Parigi, regge bene.Per Tomtomrock il Rock en Seine 2017, ormai appuntamento consueto, comincia con il post hardcore degli At The Drive-In, tornati dopo uno iato di oltre quindici anni.

At The Drive-In rock en seine
At The Drive-In

At The Drive-In riscaldano il Rock en Seine

Inutile dire che l’attesa è grande. Il quintetto arriva sulla scena principale quando è ancora giorno, il che qualcosa sottrae allo spettacolo. Ma il furore con il quale attacca compensa abbondantemente. Gli sguardi sono concentrati su Cedric Bixler, istrionico, che salta, cade, si trascina e canta con la voce stridula che fa da ponte fra il rock anni 70 e Jello Biafra. Ma è anche un piacere vedere all’opera Omar Rodríguez, un po’ defilato rispetto resto della band.

At The Drive-In
At The Drive-In

Comunque tutto l’insieme degli ATDI picchia con convinzione, attingendo al nuovo disco e al ‘classico’ Relationship of Command. Anzi, forse perché si tratta di un festival, è soprattutto quest’ultimo a dominare con sei brani contro i tre di Inter Alia. All’inizio la foga sembra quasi prevalere sulla struttura; però man mano i brani si distinguono meglio e si apprezzano meglio le singole canzoni. Peccato che lo show finisca proprio sul più bello, dopo le epiche Governed By Contagion e One Armed Scissor. Gli At The Drive-In suonano infatti per soli 45 minuti sull’ora prevista. Ed è un peccato e anche una mancanza di rispetto per i fan; nonostante, va detto, un pubblico un po’ moscio non inciti più di tanto. (Marina Montesano)

Franz Ferdinand valore sicuro

Un po’ diversa l’atmosfera per i Franz Ferdinand, che si esibiscono dinanzi a un pubblico ben più numeroso a due anni dopo la loro ultima esibizione al festival. Dai Franz Ferdinand nessuna brutta sorpresa. La band, ormai più che rodata anche dopo la sostituzione del chitarrista, riesce a coinvolgere un pubblico affezionato e entusiasta. Un misto del loro repertorio e un paio di nuovi brani fanno della loro esibizione uno dei momenti migliori dell’intero evento.

Franz Ferdinand
Franz Ferdinand

Stiamo parlando di un gruppo che da anni si è imposto sulla scena mondiale come portavoce del brit-pop più filologico. Le canzoni sono tutte costruite ad hoc per una platea che vuole divertirsi in maniera disimpegnata senza comunque scadere in eccessi di semplicità. Kapranos e compagni sanno come dirigere il loro pubblico che devotamente esegue gli ordini del capitano Alex anche quando questi invita i fan ad accovacciarsi e rialzarsi a comando. Unico neo: con i capelli tinti di bianco e leggermente lunghi il frontman ha un qualcosa di terribilmente simile a Claudio Baglioni… derive dell’età? (Mauro Carosio)

Franz Ferdinand Rock en Seine
Franz Ferdinand

Finale dance con MØ

Arriviamo in tempo per seguire l’esibizione di sulla Scène de la Cascade. L’artista danese si è fatta notare nel 2014. Il suo album di debutto, No Mythologies To Follow, è stato decisamente apprezzato da pubblico e critica. Al festival il suo show è più che decoroso. Bravi i musicisti e brava che con la sua dance alternativa, riesce a tenere in piedi un’ora di spettacolo senza cedimenti. I brani sono quelli dell’album di esordio più un paio di nuove canzoni, notevole All I Do. A fine concerto l’impressione è buona, siamo di fronte a un’artista che sta cercando una sua strada peculiare.  Non ci resta che aspettare una seconda prova per esprimere un giudizio più completo. (Mauro Carosio)

Rock en Seine: sabato 26 agosto

PJ Harvey Rock en Seine
PJ Harvey

La seconda giornata del Rock en Seine comincia con un tempo migliore del primo e con una serie di nomi promettenti, a partire dai Girls In Hawaii. E in attesa di PJ Harvey.

Girls In Hawaii, o belgi in Francia

Gruppo belga guidato da Lionel Vancauwenberghe e Antoine Wielemans, e dalla ormai più che decennale carriera, i Girls In Hawaii si sono esibiti sulla Scène della Cascade. Prossimi alla pubblicazione di un nuovo album, previsto per fine settembre, hanno presentato, accanto ai vecchi successi, fra cui la bellissima Misses, anche il nuovo singolo Walk, brano iperpop à la Grandaddy, nella migliore tradizione del gruppo, che in versione live assume delle affascinanti sfurmature elettroniche. Simpaticissimi ed espansivi, visibilmente soddisfatti di essere a Rock en Seine, i belgi hanno colto l’occasione per annunciare un prossimo tour in terra francese. (Mariangela Macocco)

Ottima prestazione per Timber Timbre

Cambio totale di atmosfera con i Timber Timbre, che seguiamo con qualche apprensione. Difficile immaginare la loro musica sotto il sole del pomeriggio. E invece, bando ai clichés, i canadesi assicurano un ottimo concerto, dinanzi a un pubblico piuttosto folto e attento.

Timber Timbre Rock en Seine
Timber Timbre

Timber Timbre hanno un bel disco da presentare, ma è Hot Dreams a raccogliere gli applausi maggiori. Anche se la successiva Western Questions è un piccolo gioiello, Grifting riesce quasi a far ballare, e Do I Have Power propone un blues apocalittico non poi così lontano da quello della PJ Harvey di The Ministry of Defense. (Marina Montesano)

Commozione con Her

Di nuovo cambio di palco e di atmosfera. Bisogna dire che ne è valsa la pena. Il duo francese elettropop degli Her è stato brutalmente dimezzato dalla morte di un membro, Simon Carpentier, la domenica prima della loro esibizione al festival. Il concerto quindi è stato più che altro un tributo a Simon  e la folla presente ha aderito commossa e sinceramente partecipe. Gli Her sono molto amati in Francia, nonostante al momento abbiano sfornato solo un paio di singoli (Five Minutes è decisamente bello). Quindi la situazione è stata particolare e intensa al punto da lasciar passare inosservati occasionali cedimenti. (Mauro Carosio)

L’intensità di Vince Staples

Niente pop melodico per il talento rap di Vince Staples, che si presenta vestito di scuro e completamente solo sul palco. Niente dj o sparring o hype man per lui. Che si aggira sul palco tutto serio, alternando momenti di puro scatenamento ad altri più posati. Molti i brani dal recente Big Fish Theory, ma Señorita è accolto da un’ovazione. Molto bella anche Ascension dal disco dei Gorillaz.

Vince Staples
Vince Staples

Il pubblico si scatena volentieri, con mosh pits degni di un concerto punk. E Staples ha una bella personalità sulla scena, raccogliendosi sul fondo per poi scattare verso il bordo con fare incalzante. Notevole prestazione, non c’è che dire. (Marina Montesano)

The Kills: rock patinato ma efficace

Quasi in contemporanea, sulla scena principale ecco i Kills. Bel concerto per il duo anglo-americano che per l’occasione propone un riassunto dei cinque album che li hanno collocati in una posizione di tutto rispetto. Il mix di rock, garage e lo-fi è diventato un marchio di fabbrica per una band che, seppur non abbia caratteristiche innovative, ha un onesto curriculum. Dal vivo Alison e Jamie convincono padroneggiando la scena come due consumate rockstar. L’insieme suona un po’ vintage, ma ciò non toglie meriti al gruppo che per l’occasione si accompagna da ottimi musicisti. Il pubblico è numeroso e affezionato. Il momento migliore arriva quando sulle note di due brani hit come Siberian Nights e Doing It To Death l’entusiasmo della platea giunge al culmine. Efficaci, niente da dire. (Mauro Carosio)

PJ Harvey regina del Rock en Seine

Senza ombra di dubbio: se il festival avesse un vincitore la palma d’oro andrebbe a lei. PJ Harvey si è esibita in una prova che la consacra definitivamente come la nuova sacerdotessa del rock. Carismatica e puntuale, altera ma non algida, anzi in bella sintonia con un pubblico devoto. L’artista inglese propone il meglio degli ultimi due super album più una serie di brani che l’hanno resa celebre. L’entrata in scena è strepitosa: nove musicisti, più lei, raggiungono il palco in fila indiana sulle note di Chain Of Keys. Si ha subito l’impressione di assistere a qualcosa di speciale. Per chi ha visto PJ Harvey per la prima volta dal vivo, la sensazione non è quella che si ha di fronte a un qualsiasi bel concerto rock.

PJ Harvey Rock en Seine
PJ Harvey

L’ensemble riesce a mettere in piedi un rituale originale, emotivo e ipnotico. Le canzoni scorrono e arrivano direttamente alla pancia dello spettatore che ammutolisce per lo stupore. Inutile soffermarsi sulla bravura della band. Funziona tutto alla perfezione. Perfino brani che sembrano inadatti alla formazione riescono. To Bring You My Love eseguita con John Parish alla chitarra è solo un esempio di come PJ Harvey sia un’artista assolutamente transgeneri. Cosa che peraltro ha sempre dimostrato: ogni disco è una sorpresa. (Mauro Carosio)

Rock en Seine: domenica 27 agosto

The Lemon Twigs
The Lemon Twigs

Ultimo giorno denso di appuntamenti e, come sempre, generi differenti che si intrecciano fra un palco e l’altro.

Denzel Curry dalla Florida a Parigi

Si comincia con il rapper della Florida Denzel Curry, con dreadlocks e bella presenza scenica. E’ giovane ma ha un paio di dischi all’attivo. Propone un genere che alterna rap a momenti più melodici, ed è bravo con entrambi.

Denzel Curry
Denzel Curry

Anche se musicalmente alcuni passaggi sembrano non particolarmente eclatanti, Curry compensa abbondantemente con l’entusiasmo e il modo di stare sul palco. O sotto, in mezzo alla folla, fatta soprattutto di ragazzi e ragazze, giovani come e più di lui, che pure danno vita a un bello spettacolo. Sul palco di fronte, intanto, comincia un concerto molto differente… (Marina Montesano)

Il pop innocuo di George Ezra

Promettente musicista inglese, George Ezra, nonostante la verdissima età (è nato nel 1993) ha già all’attivo una brillante carriera che vedrà aggiungersi a breve un nuovo tassello grazie alla prossima pubblicazione di un nuovo lavoro. A Rock en Seine George si è esibito presentando accanto ai brani più famosi (come Cassy O) anche pezzi nuovissimi come Barcelona, in onore alla città in cui il nuovo album è stato composto. Pop cantautorale, voce potente, il giovane musicista inglese, non riesce tuttavia a bucare la scena e il suo concerto risulta un po’ piatto e noioso. Non aiuta nemmeno troppo la voce, molto bella indubbiamente, ma che appare inadeguata al suo aspetto ancora un po’ infantile. Attendiamo quindi che lo scorrere del tempo venga un poco in suo soccorso. (Mariangela Macocco)

Il rap irlandese di Rejjie Snow

Di nuovo rap con l’irlandese Rejjie Snow, che ha però militato anche nella scena USA e si sente. Influssi old school soprattutto newyorkesi, alcune buone canzoni, D.R.U.G.S su tutte. Si esibisce da poco con un nuovo dj: sono al secondo concerto insieme e un po’ si sente. Qualche traccia viene tagliata troppo precipitosamente e manca il feeling complessivo di un concerto. Nonostante le qualità di Rejjie siano indubbie. (Marina Montesano)

Entusiasmo per The Lemon Twigs

Ancora più indubbie quelle dei fratellini D’Addario, che hanno esordito quest’anno con un buon disco, ma che dal vivo danno molto di più. Ma andiamo per ordine. Sul palco sono in quattro. La bassista è l’unica àncora del gruppo, quasi immobile con il suo strumento. Hanno poi un tastierista virtuoso che canta e suona anche la batteria.

The Lemon Twigs
The Lemon Twigs

E loro due si alternano tra chitarre, batteria, tastiere e contorsioni varie. Michael D’Addario deve aver studiato a lungo Iggy Pop e Mick Jagger, ma afferma di essere Alex Chilton. Il fratello Brian è lievemente più calmo, con pose da solista anni 70. Non per niente sono stati entrambi bambini attori. Ma non posano soltanto. These Words è bellissima, così come le cover di Jonathan Richman (You Can’t Talk To The Dude), John Prine (Fish And Whistle), Rocky Erickson (I Walked With a Zombie). Eclettici, folli, potrebbero fare grandi cose così come sparire. Ma dal vivo li ricorderemo come uno dei momenti più divertenti del festival. (Marina Montesano)

Attesa ricompensata per gli Slowdive

Tornati in scena dopo qualche anno di assenza, periodo durante il quale si erano dedicati a progetti solisti o a collaborazioni esterne al gruppo (ricordiamo in particolare i Minor Victories lo scorso anno), gli Slowdive fanno tappa al Rock en Seine. Scène du Bosquet per il gruppo icona della scena shoegaze internazionale: nonostante la logistica un poco defilata, una piccola folla si è data appuntamento per assistere al loro concerto e a ragione, tenuto conto della stupenda setlist. Brani dal nuovo album omonimo, uscito in maggio, come Slomo e Sugar for the Pill, ma anche pezzi storici, come Alison e Crazy for You dove la chitarra e la voce di Neil Halstead si sono alternate a quelle di Rachel Goswell, dando vita a un dialogo surreale e onirico praticamente perfetto, loro marchio di fabbrica, dopo aver superato brillantemente i piccoli problemi tecnici dei primi due brani in scaletta. (Mariangela Macocco)

The xx chiudono bene il Rock en Seine 2017

Sono i grandi protagonisti di Rock en Seine 2017, accanto a PJ Harvey e i Franz Ferdinand e non hanno certo disatteso le aspettative, gli xx. Il loro I See You è uno dei migliori album del 2017 e gli inglesi entusiasmano sempre un po’ tutto il pubblico, grazie alla semplice trasversalità della loro musica e anche alla grande simpatia che li caratterizza.  Arrivati un poco in ritardo sulla Grande Scène (Jamie xx si era forse attardato alla Scène du Bosquet per assistere al live dei connazionali Slowdive), si sono tuttavia fatti subito perdonare con uno spettacolo praticamente perfetto.

The xx rock en seine
The xx

La bella Crystalized ad aprire le danze, fino ad arrivare ai brani del nuovo album come Say Something Loving e la più intimistica Performance per la sola voce di Romy. Infinity è l’occasione per mostrare lo stato di grazia della band. Il brano, fra i più belli degli inglesi, è stato per l’occasione eseguito alla perfezione, fra i riverberi di chitarra, i sintetizzatori e le percussioni a fare da contrappunto al dialogo infinito fra Romy e Oliver. Loud Places è come d’abitudine il momento di Jamie: illuminato da un fascio di luci colorate viene lasciato protagonista della scena per qualche minuto, prima di essere nuovamente raggiunto dai due colleghi per la parte finale dello show. Che si chiude sulle note di Angels. Un live un po’ breve forse, ma di grandissimo impatto, fra le loro migliori esibizioni quest’anno. (Mariangela Macocco)

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