Hans-Joachim Roedelius alla Claque di Genova, 7 ottobre 2022
Arriva un messaggio: “Siamo in un locale in piazza Negri e aspettiamo l’ultimo bicchiere”. La nostra serata comincia così. Si va verso quella direzione. Arrivati troviamo subito Achim e sua moglie Christine, seduti al tavolo con alcune persone.
“Marcello, Elisabetta!…” Achim si alza e ci abbraccia. Uno di quegli abbracci stretti, caldi, veri, che ti rimettono al mondo in cinque secondi, nonostante il periodo che stiamo vivendo sia complicato per tutti, un abbraccio senza paura. Si comincia subito a chiacchierare, i discorsi si incrociano, si fanno fitti, naturalmente, senza alcuna forzatura, nella stessa sintonia. Si ride, si ritorna seri, come viene… Sentirsi a casa. Il mio inglese è migliorato, Achim ride, glielo faccio notare, a Chiasso, nel 2019 quando lo abbiamo conosciuto in occasione del concerto nella rassegna Chiasso/Letteraria, non ero riuscita a spiccicare parola, Marcello era venuto in mio soccorso molte volte.
Prima di dirigerci verso La Claque, il luogo del concerto, la foto è d’obbligo, per fermare quel momento in cui siamo lì, insieme, dopo i tre anni trascorsi, ognuno a gestire la propria vita e in cui siamo tutti un po’ cambiati, ma anche rimasti uguali, coerenti con quello che siamo, nonostante tutto. Camminiamo giù per via Sant’Agostino, io osservo il gruppo da dietro, fotografo Achim e Marcello di spalle mentre chiacchierano e ridono… Sono presente a me stessa e serena.
Attendiamo l’inizio del concerto, gli ultimi preparativi sono in corso. Entriamo nella sala, sedie sparse, il pianoforte al centro della scena, in mezzo alla gente. Ci accomodiamo. Pochi istanti e arriva Hans-Joachim Roedelius in camicia bianca. Mentre passa dietro di noi, per raggiungere il pianoforte in sua attesa, stringe la mano a me e a Marcello picchietta la spalla. Ci sorridiamo. Contenti di esserci.
Roedelius e il suo pianoforte
Achim si sistema e il tocco sul pianoforte comincia a parlare. Con uno switch spazio-temporale improvviso tutto cambia. Il frastuono esterno della movida genovese, assai caotico e rumoroso, quasi molesto, non esiste più, siamo in una bolla di aria rarefatta, fumosa, di luce blu.
La sensazione che ho avuto l’ho visualizzata subito in un’immagine precisa, un bosco di bambù, nel silenzio più assoluto, il vento leggero e gentile tra le foglie. Essenzialità, armonia e bellezza.
Un concerto di Roedelius non è mai lineare, non lo era stato nemmeno a Chiasso, non sai mai quello che ti aspetta, è il momento stesso in cui avviene che crea il progredire, l’improvvisazione trasforma lo spazio circostante continuamente, come l’aria tra le foglie del bambù. Quiete, tempesta e poi ancora quiete, emotivamente non si rimane mai indifferenti, non è possibile.
Via, via, il contrasto tra il rumore, fuori dal La Claque, vissuto fino a pochi minuti prima, diventa sempre più potente, siamo sospesi, tutti, nel nostro nuovo microcosmo, in silenzio e in ascolto totale, dentro e fuori. La velocità è sostituita dalla lentezza, il pieno dal vuoto, il vociare dal silenzio, la luce gialla, dalla luce blu, i pensieri dalle emozioni.
Accenni di pezzi conosciuti, ma non uguali; il tema cambia da un momento all’altro, pochi suoni, poi il tema principale ritorna e si fa più corposo e riconoscibile, riporta ad accenni di Rolling (tratto da Einfluss), As It Were (da Inlandish in coppia con Tim Story) e ad un tratto affiora la By This River composta per e con Brian Eno. Non importa riconoscere quello che si ascolta, nasce tutto lì, nell’ ”adesso”. Qualche accenno di base elettronica, visionaria, come solo Roedelius sa concepire, pianoforte sovrapposto ed Achim ci accompagna con delicatezza all’interno sua casa sonora.
Dopo anni ho fatto qualche fotografia, ho ceduto all’impulso di ritrovare una parte di me, persa da qualche parte. Lo scatto credo che esprima, involontariamente, i mondi speculari Roedelius/Realtà, che si intersecano, sono lo specchio l’uno dell’altro, convivono come bolle parallele in viaggio che ogni tanto si incontrano e lasciano tracce di magia per la strada di chi c’è, e, se capiterà, ci sarà un’altra volta. Non è mai uguale.
“Young boy, I see a shining future for you”, gli sussurra Marcello all’orecchio. Achim ride. Il prossimo appuntamento potrebbe essere al prossimo festival More Ohr Less, tra le montagne, in Austria. La mia bolla blu è già lì.
Infine: il concerto è stato organizzato da Electropark nella rassegna Dream Worlds, tre giorni di musica internazionale dal vivo