Nick Cave al Rock en Seine

26 agosto 2022, il Rock en Seine continua con Nick Cave and The Bed Seeds e un ricco programma.

Meno caotica e più organizzata rispetto all’apertura, la seconda giornata di Rock en Seine 2022 offriva, almeno sulla carta, una programmazione interessante e a metà strada fra l’indie rock d’antan e la musica più mainstream. Benché la Grande Scène offrisse il numero di punta, Nick Cave and The Bed Seeds, come gran finale, a nostro avviso era la scena della Cascade la più ricca ed è proprio lì che abbiamo passato tutto il pomeriggio.

Jehnny Beth fa spettacolo

È Jehnny Beth la prima artista ad accoglierci verso le 15 30. La musicista, francese di nascita, può contare su un considerevole seguito a queste latitudini, tanto in versione solista, quanto assieme alle Savages, gruppo di cui fa parte sin dalla fondazione nel 2013. Minigonna di pelle nera, tacchi a spillo, capelli cortissimi, Jehnny Beth ha una notevole presenza scenica e una gran voce: nonostante il tempo a disposizione sia limitato ci offre una setlist bella, coerente e grintosa. A partire da Innocence, canzone con cui apre le danze, o l’intensa We Will Sin Together (che è anche l’occasione per un primo stage diving). Entrambi i brani sono tratti da To Love is To Live, l’album del debutto, nel 2020, in cui la francese ha collaborato con Romy dei The XX.

Ma il meglio deve ancora venire e i pezzi forti sono in coda: chiudono l’esibizione Closer, riuscitissima cover dei NIN, l’ipnotica New World e I’m the Man, traccia inclusa nella colonna sonora della serie, ormai divenuta di culto, Peaky Blinders, un tripudio di sonorità noise che ben si addicono alla nostra, scatenatissima e ormai senza tacchi. Nel complesso uno dei migliori concerti della giornata.

Ritroviamo i DIIV

Dopo Jehnny Beth viene il momento dei DIIV, uno dei gruppi che attendevo di più e che ho visto in più di un’occasione.

DIIV

L’ultima volta nel 2020 poco prima della pandemia. La band aveva appena pubblicato Deceiver, l’album della redenzione, scritto subito dopo e per celebrare la ritrovata sobrietà del lead singer Cole Smith e nel complesso l’esibizione mi era parsa un po’ sottotono, rispetto al passato. Le incertezze sono ora del tutto scomparse e ieri gli americani hanno regalato al pubblico un set intenso e ben eseguito. Ovviamente è Deceiver il protagonista indiscusso della setlist con ben 6 brani su 9. Ma è la bella Under the Sun da Is the Is are il pezzo scelto per aprire le danze.  Seguono Skin Game e la splendida Between Tides, preludio a Doused e Take Your Time, brani storici e vecchi cavalli di battaglia della band, che ovviamente sono accolti con entusiasmo dai fan  più di vecchia data. Il set procede serrato e senza sbavature fino alla chiusura con Blankenship, che con il suo ritmo serratissimo è il commiato perfetto per un’esibizione più che riuscita.

Un po’ di delusione per James Blake

Alle 19 guadagna la scena James Blake. Abito verde chiaro, capelli cortissimi, l’inglese si siede alle tastiere installate alla destra del palcoscenico. Una selva di fotografi fastidiosissimi (maleducati?) invade lo spazio antistante la barriera, spazio decisamente più largo rispetto alle edizioni precedenti, rovinando un poco l’atmosfera e impedendo di godere appieno delle prime canzoni in scaletta. Il concerto si apre sulle note della splendida Life Round Here, da Overgrown. La setlist, probabilmente adattata al format festival, è più prona alle sonorità techno che alle cadenze soul e R’n’B, per la gioia dei più giovani e scatenati fra gli astanti. Non mancano quindi pezzi come Before, CMYK e una versione interminabile di Voyeur: l’effetto è straniante e nel complesso l’esibizione soffre un po’ di questa asimmetria, tanto che anche i brani del cuore come Love Me in Whatever Way e Retrograde in questo contesto paiono privi del pathos consueto.

James Blake

Da segnalare in ogni caso una splendida versione di Say What You Will e in chiusura Godspeed.

I Kraftwerk 3D

Attesissimi i Kraftwerk che conquistano la scena alle 21.15. Il loro è un concerto in 3D e per l’occasione ai presenti vengono distribuiti degli speciali occhiali tridimensionali. La scenografia è assai accattivante, come d’abitudine: le  quattro postazioni sono perfettamente allineate in scena e sullo sfondo le immagini ipertecnologiche  si rincorrono senza soluzione di continuità. I Kraftwerk sono universalmente considerati come i pionieri della musica elettronica e a ragione, tanto che persino una non fan assoluta come la scrivente ha apprezzato alcuni dei pezzi più noti e amati della band. È  il caso di Autobahn e di Radioactivity, sicuramente  fra i momenti migliori dell’esibizione, assieme a The Robots.

Nick Cave and The Bed Seeds sigillano la giornata

Era tuttavia Nick Cave il più atteso della giornata. Musicista di classe e molto amato anche in Francia, Nick ha assunto negli anni un’aura sacrale che lo ha reso una sorta di guru. La setlist presentata a Rock en Seine è assai eclettica, con brani tratti da pressoché tutti gli album sin qui pubblicati e  Nick tiene la scena con consumata maestria.  Get Ready for Love è il brano scelto per aprire il concerto, e la scelta appare azzeccata. Nick attraversa tutto il palco e va verso il pubblico, come ci ha abituati, a cercare il contatto stretto con i fan.  Altre due sono le tracce da Abattoir Blues, There She Goes, My Beautiful World e O Children, eseguita al pianoforte e con l’accompagnamento di Warren Ellis al violino, e contribuiscono a venare con decisione la serata con note soul e  R’n’B.

Ma non possono mancare i grandi classici come Tupelo, Jubilee Street (this is a terrifying song, where terrifying things happen, sono le parole usate da Cave per introdurla), Red Right Hand e The Mercy Seat, inframmezzate dalla struggente I Need You da Skeleton Tree, il momento forse più emozionante e sincero della serata. Sono il preludio alla sequenza che ci guida alla fine del concerto che comprende anche The Ship Song e Higgs Boson Blues. Per l’encore sono scelte Into My Arms e Vortex che conclude energicamente la serata, una mezz’ora circa passata la mezzanotte.

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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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