Gang

Gang

di Antonio Vivaldi

Le più efficaci (e più tremende)  gang del Vecchio West erano formate da fratelli. Marino e Sandro Severini sono fratelli e sono da trent’anni la Gang del rock italiano. Quando, in apertura di concerto,  intonano  Bandito Senza Tempo è come se figurassero anche loro in quella galleria di ‘uomini contro’ che va da Gaetano Bresci a Joe Strummer. Da qualche tempo la Gang si esibisce sovente in versione essenziale (Marino voce e chitarra acustica e Sandro chitarra elettrica) proponendo una sorta di concerto-concept. Bravo affabulatore solo a tratti un po’ prolisso, Marino spiega che il tentativo è quello di rimettere insieme, canzone dopo canzone,  i cocci di un vaso chiamato Unità: unità nella visione del mondo,  unità per quanto concerne i punti di riferimento, unità nel desiderio di una rivoluzione quantomeno nell’ambito dei rapporti con gli altri. Si tratta di un modo originale e affascinante per ripercorrere il proprio repertorio e, tramite questo, la storia recente del nostro paese e non solo. Si parte dunque con la Resistenza (La Pianura dei Sette Fratelli, Dante Di Nanni) per passare al lavoro (Sesto San Giovanni), ai nuovi fascismi (Le Storie di Ieri di De Gregori-De Andrè), agli omicidi di mafia (il pezzo che non si può citare…) e ai giovani eroi caduti (Paz, Ciao Edo). A vaso infine reincollato, la seconda parte del concerto scorre come un tourbillon di classici proposti in rapida sequenza (notevole soprattutto Kowalsky)  durante i quali Sandro, che al solito non pronuncia parola, guadagna spazio con la sua  elettrica sempre nitida, solida e mai con una nota sprecata.  Alla fine arriva I Fought The Law: la sanno tutti, la cantano tutti e poi tornano a casa più contenti. Mica un risultato da poco in un’epoca di disunità.

 

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Gang: La pianura dei sette fratelli

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