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You can call me Giorgio: Moroder ai Mercati Generali di Milano

Andare a un concerto di una star 75enne significa porsi meno palle e pensare soprattutto alla comodità.
Quindi niente tacchi ma scarpe dalla suola di gomma, un foulard in caso d’arietta e una bottiglietta d’acqua in borsa per la gola secca.
Avessi una cadrega pieghevole porterei anche quella.
Sono le 22.15, noi siamo come sempre in ritardo, ma bisogna darsi una mossa; il maestro ha fama di essere un preciso.
Arriviamo all’Estathè Market Sound che Coccoluto sta sparando gli ultimi tunz tunz.
Fa un po’ strano salutare la guardia giurata al cancello con un buonasera e sentirsi rispondere buonasera signori quando nell’aria i 2000 decibel di techno assatanata volano confusi in cerca di qualche creatura della notte pronta a farli propri.
No, non siamo al Cocoricò e neanche al Pachà.
No, non siamo in coda per le liste in mezzo a centinaia di ragazzini già impasticcati che scalpitano per andare a prendersi un gin lemon.
We are here to feel love.

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La techno cala proprio mentre ci avviciniamo al piazzale con il palco.

Ovazione.
Urla, fischi e battiti di mani e piedi.
Sugli schermi il cartoon del baffo con gli occhiali.
Poi la voce al microfono:
“Mi chiamo Giovanni Giorgio, ma potete chiamarmi Giorgio.”
Appare in video Donna Summer, la dea, la musa, la gnocca.
Mmm… It’s so good it’s so good it’s so good it’s soooo gooood
Ooooh I’m in love I’m in love I’m in love I’m in loooove
Non si capisce bene cosa stia facendo Giorgio. Lo fa davvero, oppure finge di mixare qualcosa con una mano? Con l’altra tira su l’indice a ritmo mentre sta girato a guardare lo schermo, forse per assicurarsi che sia il video giusto.
Io sono ipnotizzata da quest’uomo vestito in grigio chiaro come un anonimo pensionato di Stoccarda.
Più lo guardo e più mi convinco che se non è lui in persona, deve essere il fratello gemello del macellaio di via Imbriani.
Ma il pubblico adorante è in delirio e urla Bravo! Sei un grande! Mitico!
Non ho mai visto un pubblico tanto eterogeneo come questo di Giovanni Giorgio.

Mette d’accordo tutti, Giorgio.

Ventenni alternativi con coetanei gay.
Ventenni alternative appassionate allegre atletiche e vagamente allucinate.
Trentenni un po’ nerd, di sicuro ingegneri informatici, con le fidanzate future mogli dalle caviglie grosse, ma scatenate come femmine salentine possedute.
Quarantenni che ondeggiano a ritmo mentre rollano la solita cannetta.
Gruppetti di donne cinquantenni in libera uscita che scuotono la testa come la Carrà, incuranti della cervicale che le sveglierà domattina.
Sessantenni bassetti e tutti nervi con la camicia colori pastello aperta fino allo sterno che muovono solo un piede, stando a braccia conserte.
Settantenni che ballano il twist.

Un continuo remix per  Giorgio Moroder @ Mercati Generali

Intanto Giorgio non fa durare un pezzo più di due minuti, e possiamo anche ammetterlo con tutto l’affetto dovuto, salta un po’ di palo in frasca, ma sempre con simpatia e partecipazione.
E infatti abbiamo Hot Stuff seguita da NeverEnding Story e subito dopo da Kylie Minogue e da un’altra che non sappiamo chi sia. Poi torna Donna Summer con Love To Love You Baby e Last Dance, seguito dalla canzone a cui Giorgio tiene di più, e qui i dubbi sul fatto che sia parente del macellaio di via Imbriani diventano sempre più forti: Take My Breath Away.

 

Mentre il pubblico in delirio fissa sullo schermo quel tappo di Cruise con addosso lo Schott, i Ray-Ban e un chewing-gum fra i denti, io ne approfitto per raccogliere un po’ di bottiglie e bicchieri di plastica che mi sembra sia brutto lasciare per terra.
Poi, con uno stacco volutamente drastico e due secondi di silenzio, appaiono sullo schermo due gambe con gli scaldamuscoli. Il popolo di Giorgio si scatena fino quasi a ruggire, tutti cominciano a saltare a esultare a urlare, alcuni piangono e si strappano i capelli, la folla spinge avanti, i sessantenni si sciolgono e i gay esplodono. In particolare, un ragazzo che pare un marcantonio mi si piazza davanti e comincia a fare tutte le mosse di Jennifer Beals nella celeberrima danza del film.

What a feeling, being’s believing
I can have it all, I am dancing for my life
Take you passion and make it happen

Sono sbalordita da come conosca tutti i passi a memoria.

Balla, canta, ride e si volta a guardare la sua amica che non è assolutamente all’altezza di tale maestria, ma basta una manciata di secondi ed ecco affiancarglisi una delle cinquantenni in odor di cervicale che gli si incolla addosso e tenta invano di ripeterne le mosse. Ma gamba di qua gamba di là non avendo proprio quello che si dice un fisico elastico finisce dritta stesa per terra con le gambe per aria. La caduta però non la ferma e lei continua a dimenarsi con la schiena sulla ghiaia e a urlare a squarciagola What a feeling… I am dancing through my life…

E in fondo, come biasimarla? Chi di noi non ha sognato guardando il film di avere i riccioli e le chiappe di Jennifer Beals…

74 is the new 24, le note della nuova elettronica rinfrescano un po’ il popolo di Giorgio, il quale continua a mixare – forse – pezzi dalla dubbia consequenzialità: il capolavoro indiscusso The Chase, seguito da una canzone di tale Sia che non so chi sia, poi Tony’s Theme con Pacino sullo schermo, i Daft Punk e poi una canzone italiana che fatico a riconoscere a causa del remix, ma anche in questo caso la folla esulta. E come spesso succede in simili situazioni, ti ritrovi travolto dall’entusiasmo contagioso, dall’allegria e dalla complicità della notte, e scopri di ricordare quel ritornello a memoria, quelle frasi che nella calda estate di venticinque anni fa cantavi appena ci si accomodava tutti davanti alla TV con la bandiera in spalla…
Notti magicheeee
Inseguendo un goooool
Sotto il cielooooo
Di un’estateeeee italianaaaaa
Canto con quanto fiato ho in gola senza pudore e senza ritegno, braccia all’aria a fare la ola con il popolo di Giorgio. L’esultanza collettiva è talmente forte che è come se fossimo diventati tutti parenti.

La notte magica di Giorgio Moroder ai Mercati Generali.

Sono ormai le 23.30 e Giorgio si appresta a concludere.
Ma non può farlo senza prima omaggiarmi del brano per il quale stasera sono venuta fin qui. Dai Giorgio, ho apprezzato e tuttora apprezzo quei mandala ipnotici che ti piacciono tanto e questi tu tu tu tu tin tin tin tin, ma ti manca un pezzo e tu lo sai…
Riappare Donna Summer per un ultimo saluto da Bad Girl e poi il maestro riprende il microfono e pronuncia le ultime parole di commiato, e sono tutte per me:
“My name is Giovanni Giorgio, but you can call me Giorgio. Then CALL ME!”
E con la voce di Debbie Harry sulla base rotolante e galoppante del maestro si è concluso questo divertente, a tratti buffo, sempre esuberante, energizzante ma anche malinconicamente nostalgico appuntamento con l’uomo coi baffi e gli occhiali, Giovanni Giorgio Moroder, quello che tutti chiamano semplicemente e confidenzialmente solo Giorgio.

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Capisce pochissimo di musica, va ai concerti solo per far felice suo marito ma alla fine si entusiasma facilmente. Esperta di pendolarismo, scrive storie di viaggi e filovie. Vive e lavora a Milano.

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