Club Tounsi segna un ritorno alle origini (in chiave modernista) per Ammar 808.
Il produttore tunisino di stanza in Danimarca Ammar 808, alias Sofyann Ben Youssef, dopo aver esplorato nel suo debutto del 2018 le possibili connessioni fra elettronica e musica maghrebina e nel 2020 con Global Control / Invisible Invasion essersi spinto fino alla tradizione carnatica del Sud dell’India, torna al suo Paese con questo Club Tounsi. Lo fa ispirandosi alla musica mezoued, che prende il nome dalle cornamuse di pelle di capra che la caratterizzano e sono ovviamente ben presenti nel disco.
La musica mezoued
Si tratta di una musica propria delle popolazioni rurali che la portarono in città quando, a partire dalla metà del secolo scorso, vi migrarono ed è da sempre osteggiata e censurata dalla borghesia urbana. Il mezoued, nata fra i poveri e gli oppressi, si caratterizza per il suo ritmo, il fezzani, che induce alla danza fin quasi a uno stato di trance, questo malgrado i testi parlano perlopiù di dolorose storie d’amore.
“Voglio attingere energie dal passato, dalle radici della musica, e poi proiettarle nel futuro. È come un ponte tra luoghi e tempi.” ha dichiarato Youssef, che ha dunque attinto a canzoni appartenenti alla tradizione e le ha elaborate attraverso una produzione moderna in cui elementi e strumenti tradizionali si incontrino con le sue texture elettroniche rendendole spendibili per la più avanzata club culture. La drum machine Tr-808, da cui il moniker adottato, i synth, l’autotune, i bassi profondi dialogano con effetti sorprendenti e affascinanti con le sinuose cornamuse, il ney, il darbouka. Tradizione e futuro si incontrano in una dimensione in cui convivono musiche devozionali sufi, balli per cerimonie nuziali, canzoni d’amore, il tutto abilmente riletto dalla produzione di Ammar 808.
I brani di Club Tounsi
Il disco parte con i ritmi del darbuka che incontrano la meccanica drum machine e i bassi del synth così profondi da essere dub, infine subentrano le mezoued e il canto devozionale di Brahim Riahi ed eccoci trasportati in una dancehall da qualche parte polverosa del Maghreb. Ah Yellila alza la temperatura, tutto vibra incandescente, fra percussioni frenetiche e fiati sensuali in un’atmosfera festosa e febbrile, mentre in Brobba il botta e risposta fra canto e cornamuse viene trasportato in una dimensione futuristica. A dominare Lelliri Yamma è la voce Mahmoud Lahbib, uno degli interpreti storici dello stile mezoued, e i ritmi si fanno più suadenti nel cantare un amore appassionato.
A stravolgere le atmosfere è l’inquieta e torbida Aman Aman che canta le pene d’amore di una ragazza che vede l’amato partire per sempre. Qui l’autotune usato da Mariem Bettouhami contribuisce a dare alla canzone un aspetto astratto e ipnotico. A chiudere il disco due brani appartenenti alla tradizione sufi e devozionale, ma non meno trascinanti, e l’esplosione festosa di Tichtiri Cherbac.
Un lavoro che dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la grande vitalità della scena elettronica maghrebina che trova nelle tradizioni locali la principale fonte di ispirazione.
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