Herself e JuJu, due moniker per Gioele Valenti.
Ci vuole una buona dose di coraggio per fare uscire a distanza di sole due settimane ben due dischi, ma è quello che ha fatto il palermitano Gioele Valenti, una delle menti migliori e più audaci sulla scena musicale contemporanea. Ma potrebbe essere l’occasione perché chi ancora non si è accorto della sua musica finalmente scopra un musicista che fino a ora ha raccolto più attenzione all’estero che da noi. I due dischi escono con i due moniker, Herself e JuJu, su cui si è principalmente concentrato in questi ultimi anni, ma non vanno dimenticati almeno i lavori in passato usciti come Lay Llamas insieme a Nicola Giunta, che ha curato l’artwork di Spoken Unsaid, e con i Josefine Öhm.
Herself – Spoken Unsaid
Sotto il nome di Herself emerge l’animo più cantautorale e pop di Gioele Valenti, ma sempre dentro quella matrice di ispirazione psichedelica da cui nascono tutte le sue produzioni, che qui suona e produce tutto da solo. Il disco esce per la Urtovox e si caratterizza per il mood nostalgico e introspettivo delle sue canzoni.
Lo struggente e malinconico breve strumentale Nostos Algos ci introduce alle atmosfere estatiche e oblique che troveremo nel disco, a partire dalla successiva My Pills che ci rimanda al songwriting di Sparklehorse, mentre la splendida San Francisco Bay è trascinante e lunatica, nebbiosa e luminosa al tempo stesso, ma è soprattutto una perla psichedelica di rara e sfuggente bellezza. Soul ci riconduce a una ballata folk malinconica e dolce e la successiva We Were Friends invece esplode in un rock oscuro e fuzz. Quanto a Sand si tratta di un’incantevole, tenue, ballata acustica per piano e chitarra di una perfezione che lascia a bocca aperta e che ti costringe a continui riascolti. Chiudono l’album un’altra magnifica ballata acustica crepuscolare come Disaster Love e la gioiosa impennata elettrica di Tvdelica. Spoken Unsaid è la felice opera di un autore che ama sperimentare, ma sa costruire melodie meravigliose in canzoni che uniscono la vena cantautorale eccentrica e malinconica di gente come Sparklehorse o Eels e la psichedelia straniante di Mercury Rev e Flaming Lips.
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JuJu – Apocalypse Is God’s Spoiler
Col moniker JuJu Valenti dà vita alla sua anima più decisamente elettrica e psichedelica in una dimensione che da un lato guarda al kraut, alla drone music, al noise, e dall’altro alle musiche rituali del Sud del mondo (non a caso ai suoi precedenti lavori hanno collaborato membri degli svedesi Goat, maestri nell’imbastire sabba lisergici). A suonare con lui ci sono in Clear Chad Channing, primo batterista dei Nirvana, e in Doomed Love Luca Giovanardi dei Julie’s Haircut e i membri della band Vincenzo Schillaci e Giulio Scavuzzo. Apocalypse Is God’s Spoiler esce per la Sister9 Recordings di Manchester. Fin dallo splendido esordio omonimo del 2015 JuJu ha inanellato una serie di album, questo è il quinto, che lo collocano al centro della scena psichedelica underground, come testimoniano la considerazione dei critici e la partecipazione a tour e ai festival europei dedicati a quella scena.
La sensazione che ti lascia l’ascolto di Apocalypse Is God’s Spoiler è quella di aver partecipato a uno scintillante e oscuro rito sciamanico che affonda le sue radici in un passato ancestrale il cui recupero ha forse la funzione di darci una luce in tempi indubitabilmente bui e pericolosi, una necessaria catarsi per anime inquiete. Se Herself è più intimo ed etereo, qui Valenti è più fisico, più mediterraneo, la sua musica è ipnotica come un rituale tribale, è energia che scaturisce dalla terra – non a caso la Sicilia è terra vulcanica – e gioca con la vita e la sua forza liberatoria, ma anche con la morte che le forze del male evocano minacciosamente sul presente. Nel disco a vincere è però la forza vitale, rigogliosa, trascinante della musica, un’originale miscela di ritmi kraut e africani e sonorità post punk, psichedeliche e perfino new wave e dark. Impossibile scegliere la migliore fra queste due opere davvero straordinarie.
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