Primo album solista per Marcus Mumford dopo lo scioglimento (definitivo?) di Mumford & Sons
Non sono stati anni facili per Marcus Mumford. La band che portava il suo nome, Mumford & Sons, è naufragata per motivi diversi: un po’ per il mancato rinnovo della formula iniziale, orientata verso il folk e abbandonata per la ricerca di un suono più commerciale (Delta, 2019), un po’ per l’abbandono del chitarrista-banjoista Winston Marshall dopo una presa di posizione pubblica – poi parzialmente corretta – in sintonia con le posizioni dell’estrema destra statunitense, Situazioni che si sono trascinate fino allo smembramento, magari temporaneo, del gruppo.
Marcus Mumford bravo coordinatore
Qualcosa di buono è comunque accaduto e, col tempo, Mumford sembra aver trovato la sua dimensione più vera nel confronto creativo con altri artisti. La sua presenza è stata fondamentale nell’evoluzione del recente folk revival, almeno in due momenti importanti: la colonna sonora di Inside Llewyn Davis (il finto biopic diretto dai fratelli Cohen) e il progetto Lost On The River: The New Basement Tapes (la rivisitazione di brani inediti scritti da Bob Dylan ma mai completati). All’interno di questi due progetti Marcus Mumford ha agito sia da solista che da accompagnatore, e anche nei concerti a essi dedicati la sua è stata una presenza determinante.
Luci e ombre di (self-titled)
L’esordio come solista, a questo punto, era inevitabile. (self-titled) (Capitol) comincia con la drammatica confessione di Cannibal, brano che rivela un episodio crudo, un abuso di tipo sessuale (il videoclip è diretto da un esordiente di talento nel settore immagini per musica, Steven Spielberg). Ancora autobiografica è la delicata Only Child, quasi un’immaginaria outtake di Llewyn Davis. Il resto del disco si trascina per un’ulteriore mezz’ora con brani un po’ fotocopia (inizio soffuso, crescendo dinamico e chiusura) evidenziando ancora una volta quanto Mumford stia meglio in compagnia. I quattro episodi che hanno il conforto/confronto di una voce femminile (Brandi Carlile, Phoebe Bridgers, Clairo e Monica Martin) sono infatti i migliori della selezione, assieme al già citato Only Child. La produzione di Blake Mills, musicista in costante crescita (ha lavorato anche all’ultimo Dylan) è immacolata, ma forse Mumford avrebbe bisogno di più rudezza e, forse, l’aiuto di un gruppo di amici.
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