Any Human Friend: l’album scabroso di Marika Hackman.
Dopo aver visto, alcuni mesi fa, la copertina di Oh My God di Kevin Morby, la gara sembrava chiusa. Ma ora quella di Any Human Friend, terzo disco della cantautrice londinese Marika Hackman, si pone come serio concorrente per l’artwork più imbarazzante del 2019.
I temi di Any Human Friend
Bisogna però concedere che la foto di Hackman seminuda, con mutandoni del nonno, calzini e maialino in braccio (*) cerca forse di dare un senso alla narrazione contenuta nei testi piuttosto espliciti (persino hard) di questo disco. Il brano più scabroso in questo senso è Hand Solo; il testo è una celebrazione assolutamente onesta della masturbazione femminile e della relativa ‘piccola morte’, cioè l’orgasmo. Una mossa coraggiosa, spiazzante, per un argomento raramente affrontato in maniera così consapevole ed aperta.
Un po’ meno esplicito, ma sempre forte, il resto del disco, dove ancora affiorano temi legati al sesso, a rapporti pieni di sofferenza, rancori e solitudine. D’altronde Any Human Friend va inserito nella folta schiera dei dischi giunti dopo separazioni o divorzi conflittuali. In questo caso si tratta della fine del rapporto di Hackman con Amber Bain, anche lei musicista sotto il nickname di The Japanese House.
Voce e scrittura di Marika Hackman
Il disco è denso, pieno di consapevolezza al femminile, di confessione autobiografica, e di buone canzoni. Ed è anche più godibile rispetto al precedente I’m Not Your Man. Tolto il brano iniziale, Wanderlust, che si veste di un lo-fi in controtendenza, la musica della Hackman sembra cercare il contatto con un frizzante pop-rock collocabile tra gli ‘80 e i ‘90, farcito di belle chitarre e svolazzi di sintetizzatori. Interessante, ma non particolarmente originale, la voce della Hackman è comunque convincente, algida quando tocca i temi più duri di cui si è detto, più solare quando la melodia vola più alta, come nell’agile pop-rock di I’m Not Where You Are e nell’inaspettato easy-listening di Come Undone.
(*) L’idea del maialino in braccio fu già usata nel 1996 per una delle immagini dell’album Boys For Pele di Tori Amos.
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