La seconda giovinezza di Richard Thompson trova conferma in Ship To Shore.
Già decisivo nella nascita del folk-rock inglese con i Fairport Convention, per una dozzina d’anni a partire dal 1972 Richard Thompson sfodera una sequenza di dischi – da solo o con la moglie Linda – che tratteggiano un mondo cupo e disperato fra Charles Dickens e Bertolt Brecht, fra l’arcana ballata folk e atmosfere talora sorprendentemente affini a certa new wave ancora da venire. La voce un po’ gutturale è perfetta per il contesto e gli assoli di chitarra paiono scintillii nel buio.
L’ultimo grande album è Hand Of Kindness (1983) dopodiché il musicista londinese (da diverso tempo trasferito negli Stati Uniti) si mantiene su buoni livelli qualitativi senza però recuperare la fosca efficacia degli esordi. Nel 2018 arriva 13 Rivers che in parte riconduce a quell’ormai remoto passato “doom & gloom” con più distacco e meno melodramma. E con canzoni molto ben scritte. Dopo sei anni di attesa Ship To Shore rappresenta una replica ad alto livello che potrebbe tranquillamente far parlare di seconda giovinezza – anche se forse il nostro Richard giovane non è mai stato (oppure è, a suo modo, eternamente giovane). Come nel disco precedente sceglie l’autoproduzione e riconferma la ritmica agilmente corposa di Taras Prodaniuk e Michael Jerome. Più spazio hanno le armonie vocali della moglie Zara Phillips, mentre un vecchio-nuovo arrivo è quello di David Mansfield con il suo violino (ascoltato anche nell’ultimo T Bone Burnett).
La classicità thompsoniana e le piccole novità di Ship To Shore
Rispetto al precedente, Ship To Shore procede più spedito e a volte persino pimpante (aggettivo poco thompsoniano) creando un interessante contrasto con liriche dove vengono tratteggiati personaggi come, in difficoltà nel rapporto con un mondo grande schema universale che gli è alieno. C’è simpatia e comprensione per il reduce di guerra di The Fear Never Leaves You, per il disilluso di mezza età di Freeze e per l’innamorato confuso di Trust, mentre più insolita è l’acrimonia mostrata verso il maschio pieno di sicumera (che sia proprio Donald Trump?) di Life’s A Bloody Show.
Visto che dopo decenni si torna a ragionare in termini di supporto in vinile, la prima facciata dell’album è ricca di situazioni sonore affascinanti, dal desert blues con ascendenze celtiche di Freeze all’esotismo sentimentale di Singapore Sadie fino alle reminiscenze Fairport Convention unite a richiami mediorientali di The Old Pack Mule. La seconda parte invece pecca di una qualche uniformità, pur sfoggiando assoli di chitarra sempre fluidi e quasi cantabili e trovando un momento molto intenso nella conclusiva We Roll.
A 75 anni Richard Thompson non pensa minimamente di ritirarsi dalle scene
Il testo di quest’ultima canzone potrebbe far pensare a una sorta di addio alla musica (o quantomeno a quella dal vivo) e lo stesso vale per la copertina che raffigura l’artista nel panni di anziano lupo di mare sotto il titolo “dalla nave alla riva”. Ma nessuna paura, Richard Thompson ha già spiegato che le canzoni per un nuovo disco sono già pronte, mentre nell’estate 2025 parteciperà a una serie di concerti insieme ai Fairport Convention su una nave da crociera lungo le acque dell’Adriatico (i posti sono già esauriti!). Ah, ecco, è questa la sua idea di Ship To Shore…
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