A Scuola da John Vignola - I Beatles e il Doppio Bianco | Tomtomrock

Alla Mostra del Cinema trionfa il “classico”.

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Alla 75° edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di  Venezia ha trionfato la musica classica. Non fraintendete: il classico, almeno in questo caso, si riferisce a un gusto, tanto nelle colonne sonore dei film mainstream quanto nelle scelte musicali dei documentari,  dichiaratamente retroattivo. Dove le melodie, le chitarre e soprattutto la canzone dettano legge.

Partiamo da un esempio eclatante. In Suspiria – efferato remake dell’omonima pellicola di Dario Argento – Thom Yorke sceglie un pezzo essenziale, solo voce e tastiere, per aprire e chiudere la storia. I suoi interventi nel corso del film sono tutt’altro che sperimentali o impressionistici, e molto distanti dal lavoro del sodale Jonny Greenwood ne Il petroliere. Ancora più classiche sono le musiche di A Star Is Born e Vox Lux. Il primo è il quarto remake di È nata una stella, l’altro un filmaccio su una rockstar (Natalie Portman) affetta da madonnite acuta. In entrambi i casi, i pezzi sono classic rock e classic pop senza scosse, nonostante la bravura di Lady Gaga in A Star Is Born.

Insomma, nessuna colonna sonora quest’anno a Venezia ha avuto un palcoscenico tutto per sé e il ‘classico’ sembra essere una zona di conforto anche nelle storie che si raccontano, per non morire davvero.

Carmine Street Guitars: un atto d’amore

Non è un caso che l’oggetto più squisitamente musicale della 75° Mostra sia dedicato a un negozietto del Greenwich Village, quello di Rick Kelly che costruisce chitarre elettriche artigianali con il legno dei vecchi palazzi della New York dell’800. Carmine Street Guitars (film e negozio aperto tutti i giorni, anche ora, dalle 9 alle 18) è un atto d’amore per lo strumento probabilmente più importante della storia del rock. Rick racconta che “è partito tutto da una Telecaster, l’elettrica più potente e struggente che abbia ascoltato in vita mia. Allora ho deciso di costruire chitarre che risuonassero come gli oggetti con cui erano costruite: legni intrisi di birra degli antichi pub newyorkesi, affumicati dalle ciminiere, corrosi dall’aria romanticamente putrida di questa città”.

Romanticismi a parte, nel suo negozietto (e nel film di Ron Mann) passano e suonano uno dopo l’altro nomi come Jim Jarmush, Bill Frisell, Lenny Kaye, Marc Ribot, Charlie Sexton, “Captain” Kirk Douglas dei Roots. Personaggi che, oltre a profondersi in complimenti nei suoi confronti, ricordano allo spettatore che il rock è amore infinito e mancanza cronica di denaro. Sì, perché Carmine Street Guitars rischia ogni giorno di chiudere, Rick rischia di essere sfrattato e non possiede “né un conto in banca né altre diavolerie elettroniche” che forse gli migliorerebbero la vita.

Per questo il documentario è importante: il negozio fra qualche tempo non esisterà più e vedere Carmine Street Guitars è nello stesso tempo contemporaneo e memorialistico. Ritrae a meraviglia un mondo che si spegne, nonostante tutto il bene che, in molti, gli vogliamo.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

Di John Vignola

Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

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