Tomtomrock | A scuola da John Vignola - Claudio Lolli

Claudio Lolli, il più atipico fra i cantautori.

Tomtomrock | A scuola da John Vignola - Claudio Lolli
Claudio Lolli al Premio Ciampi – Foto di Federico Bernini

Forse Claudio Lolli non era un poeta (spoiler: prima di arrabbiarvi leggete l’articolo sino alla fine). Non sappiamo infatti se si possano definire poesie canzoni linguisticamente intricate come Angoscia metropolitana, Quanto amore o La giacca. O anche Aspettando Godot, brano che titola un album che, nel 1972,  irrompe nella scena cantautoriale con una voce sgraziata, sofferta, sostenuta da improbabilissimi arrangiamenti di cui il nostro si è sempre dichiarato “all’oscuro”. Riascoltato ora, ha un che di alieno.

Claudio Lolli e il “messaggio” degli zingari felici

E se poi prendiamo tra le mani il suo capolavoro “Ho visto anche degli zingari felici” e cerchiamo di condividerlo con qualcuno che non ha attraversato quegli anni ‘70 così enigmatici, furibondi di cui l’album è impregnato, ci accorgiamo che la poesia, la forza artistica, il calore di Claudio Lolli  non sono così facili da condividere e anche da ‘spiegare’.  O forse fra qualche anno saranno capiti perfettamente da una generazione finalmente bisognosa di quella cosa che una volta chiamavamo impegno.

Claudio Lolli e la triste attualità dell’Uomo in crisi 

Eppure Lolli era unico. Unico per il suo strano miscuglio di letteratura, musica e appartenenza in cui proprio il modo quasi introflesso di veicolare i testi si trasformava in forza espressiva. E se, come detto, gli Zingari possono sembrare poco adatti ai giovani d’oggi, un album come “Un uomo in crisi” ci mette di fronte alla nullità dell’essere umano in una società che lo annichilisce e che, ora più che mai, va combattuta.

Partendo dalla canzone-manifesto Borghesia e arrivando sino all’album di commiato “Il grande freddo”e agli ultimi racconti simil-fantascientifici, in Lolli troviamo una costante libertà di pensiero (e anche di forme sonore, vedi “Disoccupate le strade dai sogni”) che lo rende così lontano dal ‘simpatico’ Francesco Guccini (interprete di uno dei capolavori di Claudio, Keaton) dal colto Roberto Vecchioni, dal distaccato Francesco De Gregori, dal romantico e pugnace Pierangelo Bertoli.   Claudio Lolli non è dunque davvero paragonabile ad alcuno dei suoi colleghi.

Claudio Lolli e le canzoni come corpi contundenti

Volendo paragonarle a qualcosa di concreto, possiamo dire che le canzoni di Claudio Lolli sono  come corpi contundenti: scomode, arruffate, poco perbene ma riconoscibilissime e personali. Si diceva all’inizio che forse Lolli non era un poeta. Non lo era se per poesia intendiamo un esercizio di parole e non di vita. Di autocompiacimento e non di espressività necessaria. In ogni caso ci mancherà. E molto.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

2 pensiero su “Articolo: A scuola da John Vignola 45 – Un saluto a Claudio Lolli”
  1. Ottimo commento aggiungo che se ne andato un amico che ha incrociato la mia strada 46 anni fa e rimarrà dentro di me con le sue canzoni, la sua voglia di comunicare il disagio della vita forse, comunque un grande per me.
    Graszie

    1. Grazie per il tuo commento, Salvatore. Concordo pienamente. Mi chiedo solo se lui sapesse che erano (sono) così tanti a volergli bene.

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