The Beatles - Get Back

I Beatles, grande musica e grandi immagini: cosa chiedere di più a Get Back?

Nonostante le nostre più ferree convinzioni (vedi A scuola da John Vignola 64), Get Back di Peter Jackson è uno dei momenti più alti che il cinema dedica alla musica in tutta la sua storia. Jackson ha saputo raccontare un diario di bordo irripetibile: quello di un gruppo che riesce a danzare sull’orlo dell’abisso con una dose di creatività e di felice incoscienza pop straordinarie.

Il quadro è noto. Primi giorni del 1969: i Beatles,  dopo aver accarezzato l’idea di tornare a suonare dal vivo durante la lavorazione del video di Hey Jude, decidono  un po’ nebulosamente che, per superare una crisi che dura da troppo tempo, il modo migliore è tornare a suonare dal vivo.

La storia dietro a Get Back

La preparazione di quello che dovrebbe essere uno show televisivo da girare chissà dove, si dovrebbe svolgere negli stessi studi di Twickenham dove è stata registrata proprio Hey  Jude. Alla regia viene coinvolto Michael Lindsay Hogg, si vocifera figlio naturale di Orson Welles e titolare del Rock’n’roll Circus degli Stones di poco tempo prima e mai irradiato in tv.

Come dice Lennon, “it’s a candid camera”, nel senso che le – numerose – macchine da ripresa sono accese praticamente sempre quando i quattro si ritrovano in studio. Il nome del progetto sarà Get Back, come un brano che sgorga all’improvviso dalla testa e dal cuore di McCartney: grazie alla scelta, chiamiamola editoriale, noi siamo presenti e assistiamo a molti altri momenti, dai bisticci continui fra Harrison – sì, proprio il tranquillo dei Beatles, in realtà qui il più frustrato – e Paul all’installazione vivente che è Yoko Ono, immobile, senza emozioni di fianco a John mentre vede e sente definirsi i contorni di pezzi memorabili.

Il lavoro a tesi di Peter Jackson

Il Get Back che Jackson ha cucito sulle sessanta ore di video e sulle oltre centocinquanta di audio ritrovate nel caveau della Apple è dichiaratamente a tesi: vuole mostrare la band ancora in vita, con il viavai di personaggi celebri (un impacciatissimo Peter Sellers, l’immancabile tuttofare Mal Evans, Glyn Johns, tecnico del suono chiamato da McCartney a occuparsi delle registrazioni, George Martin…), le discussioni e le improvvisazioni del gruppo in primo piano. Ne fuoriesce un incredibile ritratto della creatività in movimento, la cui fiammella si posa spessissimo sulla testa di Paul.

Le otto ore del film volano; assistiamo ai continui cambi di prospettive (da un concerto con pubblico all’esibizione estemporanea sul roof della Apple, dal recupero di vecchi pezzi degli esordi all’arrivo di nuovissime, fulminanti idee, dagli studi di Twinckenham agli uffici in Saville Row) e alla nascita di un progetto che non si compirà mai del tutto. Di fronte alla vena straripante di McCartney, Lennon si accende come ai vecchi tempi, Harrison rosica e lascia le sedute, Ringo sonnecchia ed è, alla batteria, impeccabile come sempre. Si compone insomma un ritratto sentimentale struggente e verosimile, che ci porta con gli occhi lucidi in cima a quel palazzo, il 30 gennaio 1969, dove si compone l’ultimo concerto dei Beatles.

La drammaturgia con cui si procede giorno per giorno, i primi piani implacabili e il senso di trovarsi di fronte alla genesi di un’opera d’arte fanno il resto.

Get Back è riuscito ad arrivare nel cuore di molti che non sono fan dei Beatles proprio per questo: è l’unica testimonianza in presa diretta sulla creazione artistica e sulle sue implicazioni umane, e dobbiamo tenercelo stretto. Grazie, Peter.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

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