Un  kolossal audio-visuale per il crepuscolo dei Beatles

Tra Let It Be e Get Back, anche a livello concettuale, passa un oceano. Quello che avrebbe dovuto essere un ritorno alle radici per quattro musicisti un po’ impantanati (Get Back) diventa invece una resa, accettata anche con la giusta dose di fatalismo (Let It Be).

È un procedimento curioso, perché,  dopo l’album bianco, i Beatles decisero sinceramente di fare un po’ di pulizia, non solo musicale: l’idea di “un film che documentasse il lavoro in studio, la nascita delle canzoni, l’affiatamento tra di noi” nacque dal solito Paul McCartney, uno che “era sempre al lavoro con nuovi spunti, un vero Beatleaholic” (parola di Ringo).

I Beatles fra il 1968 e il 1970

La storia invece ci racconta la disgregazione inevitabile, personale e artistica di quattro amici che suonavano insieme e volevano soprattutto divertirsi e divertire il mondo. Di tutto quel progetto, ai posteri sono stati consegnati: un disco prodotto in maniera spectoriana, ovvero anti-beatlesiana, proprio da Phil Spector, un film tetro e fatalista come il suo titolo, con qualche sprazzo di luce – per esempio il concerto sul roof della Apple – che fatica a farsi davvero apprezzare; la scontentezza assoluta di Paul McCartney sull’arrangiamento finale dei pezzi che lo spingerà a produrre, nel 2003, un Let It Be… Naked dalle scarse fortune.

La riedizione/remasterizzazione/remissaggio di Let It Be prova a ribaltare quello che è stato attraverso una pubblicazione faraonica che allinea i mix del progetto originario, firmati Glyn Johns (Get Back, appunto), i soliti make-up di Giles Martin, figlio di George, provini a non finire: tutto questo per dimostrare che in realtà, a gennaio del 1969, i Beatles sapevano ancora divertirsi, avevano ancora le intuizione del rock’n’roll, insomma erano ancora amici. A parte le sorprese e le illuminazioni di alcuni momenti, il pensiero ricorrente del sottoscritto di fronte a tutto questo è stato se ce ne fosse avvero bisogno, se bisognasse proprio illudere i fan con l’idea che fino all’ultimo i quattro di Liverpool non avessero avuto appannamenti creativi o fatto incredibili passi falsi.

La docuserie Get Back

È vero che Abbey Road è un finale di partita strepitoso, che all’epoca di Let It Be deve ancora arrivare, è probabile che il lavoro di Peter Jackson sulle 57 ore di filmati dell’epoca forse ci stupirà (l’uscita della docuserie Get Back è prevista per il 25, 26 e 27 novembre) ed è indiscutible che ascoltare le larve di canzoni come Two Of Us, Let It Be, Get Back dà sempre qualche brivido, ma questa mastodontica edizione di Let It Be per certi versi intristisce ancor più di quella dell’epoca, perché sottolinea l’incompiutezza di un progetto che non è mai stato e che, in fin dei conti, non sarà mai.

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Ammiratissima voce radiofonica di Rai Radio 1, John Vignola è anche autorevole esperto di musica. Ha collaborato per anni con riviste quali Rockerilla e Mucchio Selvaggio, oltre a occuparsi di rock e dintorni per diverse testate “generaliste”. Faticherebbe a vivere felice senza i Beatles.

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