Marc Ribot's Ceramic DogFoto di Michele Faliani

Marc Ribot’s Ceramic Dog in concerto all’Empoli Jazz (19 febbraio 2019).

Marc Ribot's Ceramic Dog
Foto di Michele Faliani

Nati qualche anno fa forse come progetto estemporaneo che ha visto Marc Ribot unirsi a due giovani musicisti dell’attuale scena musicale newyorchese – il bassista Shahzad Ismaily e il batterista Ches Smith – i Ceramic Dog sembrano ormai avviati a costituire una vera e propria band. In questa formazione si sono presentati al Teatro Il Momento di  Empoli, nell’ambito della rassegna Empoli Jazz.

La versatilità di Marc Ribot

Quando c’è di mezzo Marc Ribot però qualunque  “etichetta” di genere risulta riduttiva. Né potrebbe essere altrimenti per un musicista che nella sua pluridecennale carriera è stato tanto la “chitarra” per antonomasia di Tom Waits quanto collaboratore fondamentale di uno sperimentatore spesso “estremo” come John Zorn. Fondatore e anima di progetti “trasversali” come Los Cubanos Postizos. Fino a prestare la sua chitarra – e talvolta la sua voce – a colleghi molto meno noti e delle più varie nazionalità, dai portoghesi Dead Combo fino alle “nostre” Sara Ardizzoni e Giulia Millanta.

I Ceramic Dog al di là dei generi

Il concerto empolese è iniziato quasi “sottovoce”, con una versione acustica e quasi sussurrata di quella We Are Soldiers In The Army che apre il suo ultimo disco Songs Of Resistance. Per poi snodarsi soprattutto attraverso il repertorio dei Ceramic Dog, in particolare quello contenuto nel recente YRU Still Here? Questo significa passare – spesso senza soluzione di continuità anche nell’ambito dello stesso brano –  attraverso una serie di suggestioni musicali, di ritmiche e di armonie che vanno dal jazz al funky, dal soul all’afrocubano, dall’orientale al rock, dal blues al latino e chi più ne ha più ne metta. Il tutto declinato con una inventiva pressoché inesauribile, ma anche a suo modo molto “disciplinata”.

Le versioni live di Marc Ribot’s Ceramic Dog differenti da quelle in studio

Semmai c’è da dire che, rispetto al disco, le versioni live empolesi di alcuni pezzi – come ad esempio Pennsylvania 6 66666 o Fuck La Migra – hanno assunto una cifra quasi rap, alla quale probabilmente non è estranea la formazione dei due giovani collaboratori di Ribot.

Che sono validissimi e mostrano di aver raggiunto un affiatamento tra sé e col leader ancor più degno di nota in una performance che comunque fa dell’improvvisazione la sua cifra fondamentale. Smith alla batteria “picchia” con criterio e disciplina mentre Ismaily al basso è tanto fantasioso quanto preciso, trovando anche il modo di occuparsi dei poco invadenti effetti elettronici. In quasi due ore di concerto qualche episodica “sfasatura” di questa ottima sezione ritmica è ampiamente perdonabile.

Qualche problema di acustica al Teatro Il Momento di Empoli

Per il bis Ribot si è riservato – forse un perdonabilissimo “fishing for compliments” – la sua versione di Bella Ciao. E dobbiamo dire che, anche se non l’abbiamo ancora sentita cantata da Tom Waits in Songs Of Resistance, abbiamo la sensazione che non sfiguri affatto. In ogni caso ci è sembrata molto sentita e “partecipata”. Al termine di un concerto assai bello ci sia consentito un piccolo appunto di ordine tecnico. Non sappiamo se per colpa dell’acustica della sala o dell’impianto o per qualche altro motivo, in diversi momenti il suono della chitarra di Ribot appariva piuttosto “sacrificato” e bisognava sforzarsi e prestare un’attenzione particolare per apprezzarlo, col rischio di perdere un po’ la compattezza dell’insieme. Il che per un concerto di uno dei massimi chitarristi viventi non è proprio il massimo. Ma spettacolo e atmosfera sono stati comunque di prim’ordine.

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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

2 pensiero su “Concerto: Marc Ribot’s Ceramic Dog @ Empoli Jazz”

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