Gary Clark Jr. adora sparigliare le carte.
È quanto pensiamo all’ascolto del suo nuovo lavoro, This Land. Un bel doppio vinile dal quale Gary Clark Jr. ci guarda mentre si allontana. Non è un album semplice questo This Land, soprattutto perché quello che era stato additato come il testimonial del blues nel XXI secolo declina adesso quella lingua in maniera perlomeno ibrida. Dentro c’è il rock, il reggae, l’elettronica, l’hip-hop e anche una bella spolverata di pop melodico. E c’è Woody Guthrie, riferimento ovvio, anche senza leggere i crediti che compaiono accanto al brano d’apertura.
This land
«Fuck you, I’m America’s son/This is where I come from/This land is mine, yeah» canta Gary, che è cresciuto in Texas e sa bene cosa significa essere nero da quelle parti, dove, ancora nel 2017, gli viene detto da “Mr. Williams”, il suo vicino, che non può vivere lì. Da qui la rabbia finisce nei versi e nella musica di This land. Un brano potente e visionario – e il merito va anche al video girato da Savannah Leaf – che si muove sul levare della chitarra e su un cantato quasi da gang-band newyorchese, con il contrappunto di singole note in bending nel mantra di «this land is mine». In un’intervista al Guardian, Gary Clark chiarisce la sua idea di blues e si dice pronto a esprimersi in modi sempre diversi, come Quincy Jones, «on the same wavelength».
L’America di Gary Clark Jr.
In This Land succede proprio questo. Il rock classico della ballad sussurrata in falsetto di I Walk Alone si accompagna a quello di Feed the Babies e al coro quasi gospel da predicatore, che ripete il Come on. «Come on brothers and sisters/ It’s the same path you walk/Come on mothers and fathers/Teach the babies to talk», e i fiati a sottolinearne la cadenza. O con l’omaggio, nemmeno tanto velato, al riff di Whola lotta love in apertura di Gotta Get Into Something. In Pearl Cadillac l’assolo doloroso della chitarra fa dimenticare Ben Harper che pare affacciarsi nel canto.
Ma c’è pure una speranza nell’America distrutta di Trump, quella di When I’m Gone, che Gary canta dopo l’apertura di riff di poche note e tuttavia di grande impatto emozionale: «When I’m gone/I hope that everything in your world is right». Gary non rinnega nulla. I due blues di The Governor, con l’unica strofa ripetuta e di Dirty Dishes Blues, tradizionale anche nel tema, ne sono l’esempio. Chitarre slide, walking bass, turnaround, malinconia: «My baby don’t love me no more».
This land, un disco di cambiamento per Gary Clark Jr.
Non è facile, dicevamo in apertura, entrare nella nuova poetica musicale di Clarke jr., soprattutto per chi pensa ad album come il live del 2014 oppure a The Story Of Sonny Boy Slim, che però già mostrava in nuce lo scarto di This Land. E se qualche brano, a nostro avviso, poteva rientrare in una buona raccolta di B-Sides, il nuovo lavoro del musicista di Austin mostra una strada diversa, forse meno segnata, ma percorribile anch’essa a tutto volume.
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