Overgrown: ritorno perfetto per James Blake
Overgrown esce due anni dopo il successo del LP d’esordio, omonimo, di James Blake. Un po’ come gli XX, il giovane cantante/cantautore/produttore/DJ inglese non sente la necessità di esplorare territori nuovi; e perché farlo, quando in un caso come nell’altro si agisce in un ambito che non ha immediati seguaci, rivali o imitatori? Così in Overgrown troviamo Blake intento a definire meglio, a raffinare il suono che l’ha reso noto. Il risultato è eccellente, nel senso che il disco è più coeso dell’esordio e il livello del songwriting è cresciuto; prova ne è che la canzone centrale del precedente LP era in fondo una cover, per quanto destrutturata e poi ristrutturata (Limit To Your Love), mentre qui è la sublime Retrograde, già apparsa come singolo.
James Blake e l’hip-hop
Per quanto Blake sia nato nell’ambito del dubstep e ancora si diverta ad animare serate dance (per fortuna: è probabile che questa ricerca sui suoni sia una delle chiavi della sua eccellenza), bisogna sottolineare il fatto che le sue sono canzoni in un certo senso tradizionali, frutto dei suoi studi da pianista e dell’amore per soul e gospel che emerge dalle composizioni; ciò che suona davvero nuovo è il modo di trattare i suoni e la voce. Rispetto all’esordio, Blake si avventura anche in territori che evidentemente gli sono congeniali, come l’hip-hop, e cerca la collaborazione di RZA del Wu-Tang Clan per uno dei picchi del disco: Take A Fall For Me. A chiudere il cerchio dell’ispirazione non manca un richiamo alla sperimentazione con strumentazione elettronica e atmosfere del passato, come mostra la collaborazione con Brian Eno in Digital Lion. Una conferma e uno dei dischi dell’anno.
8,7/10