PMW

Il ritorno dei The Apartments di Peter Milton Walsh è la grande sorpresa di questo 2015; No Song No Spell No Madrigal un disco inatteso e prezioso. Ne abbiamo parlato con il suo autore.

The Apartments – No Song No Spell No Madrigal: una scoperta e una sorpresa

Qualche settimana fa sono entrata nel mio solito negozio di dischi a Parigi e, sorpresa, ho visto No Song No Spell No Madrigal degli Apartments, una band che una volta ascoltavo, ma della quale avevo perso le tracce per molti anni. Quando ho infilato le cuffie, sono rimasta incantata dalla prima canzone, la title track, già sicura che l’avrei comprato. Dopo averlo sentito per intero e prima di scriverne la recensione per TomTomRock, mi sono informata su cosa fosse successo alla band e al suo leader (o meglio, il cuore, la mente e l’anima degli Apartments), Peter Milton Walsh, negli anni trascorsi. La storia è disponibile per coloro che vogliono leggerla, ma qui vorremmo porgli alcune domande sul presente, perché No Song No Spell No Madrigal è un disco che davvero merita l’attenzione di tutti.

L’intervista

Q. Ciao Peter. No Song No Spell No Madrigal è già fuori da qualche mese e l’incantesimo è ancora lì; la percezione è quella di un insieme di canzoni profondamente personali, ma l’alta qualità delle composizioni le rende anche perfettamente godibili. Quanto tempo ti ha preso la scrittura, e sei il solo compositore di tutti gli arrangiamenti?

A. Grazie per l’attenzione che continui a dimostrare, Marina. E’ interessante che conoscessi The Apartments prima di questo disco. Dopo che il primo album, The Evening Visits…, è stato pubblicato da Rough Trade, abbiamo ricevuto un sacco di posta dai fan, cioè lettere attraverso la posta, sì!, dall’Italia, la Spagna, l’Olanda, la Scandinavia ecc. – e mi sono chiesto se questo nuovo disco avrebbe potuto creare un legame con il pubblico in Europa nello stesso modo. Così sapere che tu, in Italia, eri interessata – beh, è stata una grande sorpresa!
Le canzoni variano fra anni differenti – ed esperienze differenti, naturalmente. Settembre, per esempio: un mese prima che entrassimo in studio, ho scritto September Skies e la title track No Song No Spell No Madrigal. Dunque ci sono canzoni che colgono ciò che mi stava accadendo in quel momento, altre che invece hanno un certo tempo e una certa distanza (dal presente).

La genesi delle canzoni

Gli arrangiamenti delle canzoni sono stati messi insieme in momenti differenti. Antoine Chaperon ha scritto e arrangiato gli archi di Black Ribbons, io gli archi e i fiati di alcune delle altre come Swap Places e Amanda gli archi di Looking For Another Town. Un po’ un misto – ma se c’è un passaggio melodico, generalmente l’ho scritto io! Con la title track No Song No Spell No Madrigal, ho semplicemente suonato il piano ed Eliot e Gene (Eliot Fish e Gene Maynard), basso e batteria, suonavano seguendo quello. L’abbiamo suonata dal vivo in studio proprio così, con me al piano.

Volevo una canzone nella quale poter narrare una storia sopra qualcosa di molto semplice, che si appoggiasse su un riff di due accordi – è così semplice in modo deliberato, perché c’erano altre canzoni nel disco un po’ più complesse. Swap Places è un’altra canzone da due accordi. Ho realizzato un demo con archi e fiati, poi ho trovato un tipo in grado di scrivere le partiture a partire da quello. Queste canzoni partono tutte da questo scheletro – accordi, testo, una melodia e sono ancora così – solo che mi piaccioni le partiture di archi, fiati e voci, elementi che si intrecciano a cascate e che danno alle canzoni un certo tono drammatico o energico. Ho ascoltato un sacco i Chi-Lites – in particolare Have You Seen Her. Questo mi ha dato l’idea di introdurre qualcosa del genere – come lo voci sullo sfondo di No Song No Spell No Madrigal che cantano “non voglio essere quel tipo, non voglio più essere quel tipo”. E penso che la stessa cosa abbia influenzato anche Swap Places, metterci un qualcosa da gospel domenicale, battiti di mani e coro sullo sfondo che chiedono “dov’era Dio in tutto questo?”.

Q. Dove l’hai registrato e come hai incontrato/scelto i musicisti che vi suonano?

A. A Sidney, negli Albert Studios. E l’abbiamo mixato sempre negli Alberts, al piano di sopra, nello studio di Wayne Connolly. Suono con Gene ed Eliot ormai da molto tempo. Hanno già suonato entrambi con me sia dal vivo sia in studio. Amanda (Amanda Brown) la conosco da sempre. E’ venuta con me nell’ultimo tour in Francia e non le ho mai perdonato di aver rivelato allora a un giornale francese che mentre nella sua band, The Go-Betweens, erano molto disciplinati, ben organizzati e conducevano vite molto tranquille, The Apartments erano, secondo le sue parole, “edonisti caotici”. La mia reputazione di persona sensibile e pura è rovinata per sempre, grazie ad Amanda.

La voce di Peter Milton Walsh

Q. O la tua voce è registrata meglio, su questo disco, oppure è maturata enormemente in questi ultimi anni. Anche se ha mantenuto le caratteristiche di un tempo, sembra che canti con un’estensione più ampia e un’attitudine più diretta. Mi pare molto eloquente sulla title track, ma anche altrove nel disco. E’ solo una mia impressione o avverti anche tu un cambiamento?

A. Grazie. Nessun altro l’ha notato, o almeno nessuno l’ha detto. Penso che dipenda dal fatto che sono stato in tour con Wayne Connolly – abbiamo fatto circa dieci concerti in Francia nel 2012 – e lui sapeva il tipo di cantato che mi piace. Non penso che questo disco sarebbe mai esistito senza Wayne – la sua presenza è stata davvvero decisivoa Non sapevo se avrebbe voluto realizzare le canzoni – gliele ho dovute far sentire e lui è stato il primo – ma le ha veramente comprese. E’ un genio in studio. Calmo, paziente, con un orecchio perfetto per cogliere i suoni caldi e naturali, ma allo stesso tempo rapido e fantastico con la tecnologia. Ha deciso che doveva – solo per me – utilizzare un microfono che aveva comprato alcuni anni prima, il tipo che Sinatra ha usato durante il suo periodo di registrazioni Wee Small Hours/Only the Lonely. Ha avuto tantissimi piccoli tocchi e idee idi genio come questa. Inoltre, sono più vecchio. Questa è la mia voce al presente, ma questa era anche la direzione che la mia voce stava prendendo quando ho dovuto smettere. Penso che tu lo possa avvertire qui….

C’è un lato intimo nei dischi che realizzo. E’ la voce che deve contenere il segreto o l’incantesmo o la storia, e talvolta l’incantesimo o la storia devono parlare solo a te. Ecco qualcuno che ti sta dicendo qualcosa, è solo per te, in genere alla fine della notte. A volte la voce non dice altro che … “Sono nella tua stessa notte”. A volte è sufficiente. A volte è tutto ciò che hai bisogno di sentire.

Il ruolo di Microcultures

Q. No Song No Spell No Madrigal esce per l’etichetta francese Microcultures. So che The Apartments sono sempre stati apprezzati in Francia, e sembra che tu abbia una relazione speciale con quel paese. Puoi dirci qualcosa a questo proposito?

A. Non sono molto bravo ad analizzare questo genere di cose, o almeno non vado davvero a cercarne le ragioni. Sono semplicemente grato che questo affaire con la Francia esista. Non ci penso in termini di carriera, è molto più un fatto personale – i legami sono importanti per me.
Mi è stata posta la stessa domanda in passato, e ancora non ho una spiegazione. Mi sembra una sorta di mistero gentile che accetto, con gratitudine. A volte è meglio basarsi sui propri istinti e sentimenti – pensare troppo non è una cosa che mi riesce bene. Tendo a fidarmi di ciò che percepisco nelle persone.

Q. Ci sono piani per far uscire il disco altrove, nel Regno Unito o in Europa?

A. Penso di sì; gradualmente, un paese alla volta, verrà fuori. Qualcosa si muove nel Regno Unito, forse in seguito alle buone recensioni, ma ho sempre avuto in mente che il disco avrebbe cominciato il suo viaggio in Francia. Per esempio non ho inviato il disco finito a Captured Tracks, perché non lo immaginavo tanto come ‘il prossimo disco’, quanto come l’ultimo – e mi pareva di doverlo a quelle persone che in Francia avevano già dato prova di aver fiducia in me. Volevo vedere se il disco avrebbe potuto significare qualcosa per loro, almeno. Non è facile prevedere questo genere di cose, però.

The Evening Visits …And Stays For Years

Q. Captured Tracks ha pubblicato la riedizione di The Evening Visits …And Stays For Years con molte bonus tracks. Sono passati 30 anni e suona ancora alla grande. Continui a esserne contento? E come giudichi i tuoi dischi del passato?

A. Sentire quelle canzoni di nuovo è un po’ come una riunione con i tuoi precedenti sé, le persone che sono stato. A volte il ricordo è molto potente – come se, ad esempio, qualcuno che porta il profumo che la tua/il tuo ex ha sempre portato, entra nell’ascensore con te. Qulla sensazione di familiarità. La porta si apre e tu sei lì, di nuovo in quel mondo nel quale sono successe tante delle cose che per te erano importanti, come se il passato non fosse morto, ma avesse deciso di imprigionarti al di fuori di esso, come se il passato battesse ancora dentro tutti noi, un secondo cuore. Le canzoni possono esser state generate in una vita temporanea, ma le persone che sono nelle canzoni, ciò che hanno passato, quello resta permanente. E le canzoni stesse forse non sono tanto da comprendere quanto semplicemente da esperire. E spesso le persone devono aspettare che qualcosa accada perché le canzoni possa avere un significato anche per loro. La lingua degli Apartments – amore, desiderio, solitudine, nostalgia, perdita (love, lust, loneliness, longing, loss nell’originale) e anche qualche parola che non comincia per L! – è destinata a restare, una lingua umana. Davvero, questi sentimenti sono vissuti dovunque e in tutti i tempi.

L’Australia

Q. The Apartments, come The Go-Betweens, venivano da Brisbane (anche se entrambi, correggimi se sbaglio, siete andati via abbastanza presto, rispettivamente diretti a New York e in Inghilterra) al tempo in cui c’era un’apprezzabile ondata di band australiane. Ti sei mai sentito parte di una ‘scena’?

A. Gli inizi sono importanti, e lo capisci quando guardi indietro, lungo la curvatura del tempo, ai tuoi inizi. Le persone con le quali mi vedevo o che conoscevo quando tutto era nuovo per noi, quando stava solo cominciando – The Go-Betweens, Ed Kuepper, i Birthday Party – avevamo così tanto in comune, specie nell’attitudine verso l’industria musicale, e verso l’Australia. Quell’impatto è durato. Ho scritto alcune note sulla mia amicizia con i primi Go-Betweens, per The Go-Betweens Anthology, Volume 1. Potrei inviartele se sei interessata, Marina (molto interessata, grazie).

Musica e cinema

Q. Torniamo a No Song No Spell No Madrigal. Ha una copertina splendida, una foto di New York nella neve. L’ho notata ancora prima di leggere il nome della band; ma tu hai sempre prestato molta attenzione alla ‘forma’ (le foto, i testi stampati) nei tuoi dischi. Perché è importante per te?

A. Questo è il modo in cui io percepisco un disco. Conosci quella scena d’apertura a Le Samourai di Melville?

Tutta la tua attenzione è concentrata al centro dello schermo, con il fumo che aleggia nell’aria. Non hai ancora alcuna idea di cosa stia succedendo. Poi, una figura distesa appare di lato, più chiara. Un uomo, interpretato da Alain Delon, è solo in una stanza spoglia, tetra. La sua unica compagnia, un uccellino in gabbia. Rumore di traffico, pioggia. Se ne sta sdraiato nel letto, il fumo della sigaretta che fluttua dinanzi a lui.

E’ andata così con dischi che ho amato, anche se sapevo di amarli già dalla prima volta che li ho sentiti – che qualcosa in essi sarebbe emerso, divenendo chiaro solo gradualmente, nel tempo. Le immagini e l’aspetto e la sensazione trasmessi, è tutto parte della stessa cosa. Perché questa foto? Chi ha scritto queste canzoni? Un album è sempre stato un mondo per me e ho vissuto dentro quel mondo e pensato a quella copertina e a quei testi – tutte parti dell’esperienza completa – ogni volta che mettevo su il disco. Suonandolo molte volte per molti mesi, ogni volta arrivando a conoscerne qualcosa in più. A volte cominciavo a sentirmi riflesso nelle sue canzoni e nelle storie. C’erano volte che non avrei mai voluto abbandonare quel mondo. E tutto ciò ch’era parte di quel disco – la custodia, il suo aspetto, le parole – costruivano un mondo.

Q. Perché tornare come The Apartments e non con il tuo proprio nome?

A. Ho sempre pensato a questi dischi come ai dischi di una band. Solo, mi capita di scriverne le canzoni. Che tu usi o meno il nome di una sola persona, il suono di ogni disco riflette il suono di ogni singolo musicista, una combinazione particolare in un momento particolare. E’ stato vero per ogni disco degli Apartments. E’ stato vero per ogni disco da quando ha avuto vita il rock’n’roll – Le Sun Sessions suonano così perché ci sono Scotty Moore e Bill Black lì, dietro Elvis. Highway 61 Revisited suona così perché ci sono Mike Bloomfield e Al Kooper e così via.

Q. C’è speranza di vedere The Apartments  di ritorno in Europa per un tour?

A. Settembre! Francia!! Parigi e le province!!!

La foto di copertina è  © Anastasia Konstantelos 2015

PMW e Go Bet

PMW & The Go-Betweens ca. 1978

A few weeks ago,

I entered my usual record shop in Paris and, to my surprise, spotted No Song No Spell No Madrigal by The Apartments, a band I once used to listen to, but had lost tracks of for many years. When I put the headphones on, I was spellbound by the first song, the title track, and already sure I was going to buy the record. After I listened to it entirely and before writing a review for TomTomRock, I took some informations about what has happened to the band and his leader (or, better, the heart, mind and soul of The Apartments), Peter Milton Walsh, in the past years. The story is available to those who want to read it, but we would like to ask him a few questions about the present, as No Song No Spell No Madrigal is a record that really deserves everyone’s attention.

 

Q. Hello Peter.

No Song No Spell No Madrigal has been out for a few months right now and the spell is still there; it comes across as a deeply personal collection of songs, but the high quality of the music makes it also very enjoyable. How long did it take you to write the songs and are you also responsible for all the arrangements?

A. Thanks for following up on this Marina. It’s interesting that you knew The Apartments before this record. After The Apartments first album ‘The Evening Visits…’ was released on Rough Trade, we got a lot of ‘fan mail’, ie. letters through the post, yes!, from Italy, Spain, Holland, Scandinavia etc.—and I wondered if this new record might also connect with people around Europe like this. So to hear that you, in Italy, were interested in it—well, it was a grand surprise!

The songs range over different years—and different experiences, of course.

September, for instance, a month before we went into the studio, I wrote ‘September Skies’ and the title track ‘No Song, No Spell, No Madrigal.’ So there are songs that caught what was running through me at that moment, some that have some time and distance in them too.
The arrangements of the songs were done in bits and pieces. Antoine Chaperon arranged and wrote the string parts for ‘Black Ribbons’, I did the strings and horns for some of the others like ‘Swap Places’ and Amanda did strings for ‘Looking for Another Town’. A bit of a jumble—but if it’s a melodic hook, I usually wrote it! With the title track ‘No Song, No Spell, No Madrigal’, I simply played the piano and Eliot and Gene (bass and drums) played on top of it. We just played it live in the studio like that too, me on the piano.

I wanted a song in which you could tell a story over something very simple,

that just sat on a two-chord riff—it was that simple deliberately, because there were other songs on the album that were a more complex. ‘Swap Places’ is another two-chord song. I did the strings and horns as a demo, then got a guy to chart it out for strings and horn. These songs all come from those bare bones—chords, a lyric, a melody and they still exist like that—but I just happen to like strings and horns and voices, things that weave in and out that give it another kind of drama or energy. I’d been listening a lot to the Chi-Lites—particularly ‘Have You Seen Her’. This gave me the idea to have some of those kinds of things going on—like the background voices in ‘No Song, No Spell, No Madrigal’ that go “don’t wanna be that guy, don’t wanna be that guy anymore”. And I think it affected ‘Swap Places’ too, to put a kind of Sunday morning gospel thing, handclaps and choir, in the background asking “where’s the God was in all of this?”

Q. Where did you recorded it and how you met/chosen the musicians who play on it?

A. In Sydney, at Alberts Studios. And we mixed it upstairs at Alberts, in Wayne Connolly’s studio. I’ve played with Gene and Eliot for a long time now. They both played live with me, and on record. Amanda I’ve known forever. She came with me on the last tour of France and I have even forgiven her for revealing to a French magazine at the time that while her band, The Go-Betweens, were very disciplined, well organised and led very polite lives The Apartments were, as she told the magazine ‘chaotic hedonists.’ My reputation for sensitivity and innocence is now in ruins, thanks to Amanda.

Q. Either your voice is recorded better on this record, or it has matured hugely in the last years. Even if it has retained the features of the past, you seem to sing with a wider range and a more ‘in your face’ kind of attitude. I find it very eloquent on the title track, but also elsewhere in the record. Is it just my impression or you also feel a change?

A. Thanks. No one else has noticed this, or at least no one has said it. I think it was that I had toured with Wayne Connolly—we did about 10 shows in France in 2012—and he knew the kind of vocals I like. I don’t think this album would have happened without Wayne—it’s as significant as that. I didn’t know if he would want to do the songs—I had to play them to him and he was the first person to hear them—but he really did get them. He is a genius in the studio. Calm, patient, such a great ear for warm, natural sounds and at the same time, very quick and magical with technology. He decided he must—just for me—use a microphone he had bought some years ago, the kind that Sinatra used during his Wee Small Hours/Only the Lonely period of recordings. He was full of little touches and inspired ideas like this. Plus, I’m older. This is where my voice is at now, but this too is where my voice was always heading, before I had to stop. I think you could hear that was where it was heading here…

There’s an intimate side to the records I make.

It’s the voice that must carry the secret or the spell or the story, and sometimes the spell or story must seem just for you. Here’s someone’s telling you something, it’s only for you, usually at the end of the night. Sometimes the voice says nothing more than…‘I’m in the same night as you.’ Sometimes that’s enough. Sometimes it’s all that someone needs to hear.

Q. No Song No Spell No Madrigal is out for the French label Microcultures.

I know The Apartments have been always very much appreciated there in the past, so it seems you have a special relationship with France. Can you tell us something about it?

A. I’m not very good at analysing things like this, or at least I don’t really go looking for reasons. I’m just grateful that this affair with the French exists. I don’t think of it so much in terms of career, it’s more a personal thing—connections are important to me.
I have been asked about this before, and still don’t really have an explanation. It just seems to me a kind of benevolent mystery that I accept, gratefully. Sometimes it’s best to rely on your instinct and feeling—thinking too much, I don’t do that well. I tend to trust how I feel about people.

Q. Do you know if there are plans to have the record out elsewhere in UK or Europe?

A. I think slowly, territory by territory, it will get out more. There’s something happening in the UK, possibly in the wake of good reviews, but I always had in mind for the record to start its journey in France. I didn’t send the finished album to Captured Tracks, for instance, because I thought of it not as the next record, but the last—and I felt more like this is what I owed those people in France who had already proven their faith in me. I wanted to see if the album might mean something to them, at least. None of these things are predictable though.

Q. Captured Tracks has reissued The Evening Visits …And Stays For Years

with a lot of bonus tracks. 30 years have passed and it still sounds great. Are you still happy with it? and how you like your records from the past?

A. Hearing the songs again is a bit like holding a reunion with my former selves, the people that I used to be. Sometimes the memory is very powerful—as if, say, someone wearing the perfume that your ex- always wore just stepped into the elevator. That feeling of familiarity. The door opens and there you are, back in that world in which so much that once mattered took place, as if the past isn’t dead, but you locked yourself out from it, as if the past beats on inside all of us, a second heart. The songs may have come from a temporary life, but the people in the songs, what they dealt with, that’s permanent. And the songs themselves are perhaps not so much understood as simply experienced. And often, people have to wait for some experience before the songs might mean something to them.
The language of The Apartments—love, lust, loneliness, longing, loss and possibly even some words that don’t begin with ‘L’!—is a permanent, human language. Really, those feelings are understood everywhere, at all times.

Q. The Apartments, as the Go-Betweens, were from Brisbane (even if both of you left quite soon to New York and UK respectively, if I am correct), and formed in times (the ’80s) when there was a nice wave of Australian bands. Did you ever felt part of a ‘scene’?

A. Beginnings are important, and you realize this as you look, over the curve of time, back to your beginnings. The people I hung around or knew back when everything was new for us, just starting—The Go-Betweens, Ed Kuepper, the Birthday Party—we had so much in common, particularly in attitudes towards the ‘music business’, and Australia. That impact has lasted. I wrote some liner notes, about my friendship with the early Go-Betweens, for The Go-Betweens Anthology, Volume 1. I could send you those if you’re interested, Marina.

Q. Back to No Song No Spell No Madrigal.

It has a wonderful cover, a picture of New York in the snow. I noticed it even before I read the name of the band, but you have always been very attentive to the ‘art’ (the pictures, the printed lyrics) on your records. Why is it important to you?

A. This is the way I feel about albums. Do you know that opening scene of Melville’s Le Samouraï?

All your attention is drawn to the centre of the screen, the smoke hanging in the air? You don’t yet really have an idea about what’s going on at all. Then, a reclining figure at the side becomes clear. A man, played by Alain Delon, is alone in a spare, bleak room. His only company, a bird in a cage. Noise of traffic, rain. He lies back on his bed, the fog of his cigarette floating before him. That’s how it has gone with albums I have loved, even if I felt I loved them from the first time I heard them—things about them would emerge, gradually become apparent only over time. The images and the look and the feel of them, this was all part of the deal for me. Why this photo? Who wrote these songs? An album has always been a world to me and I would live inside that world and think about the cover and the lyrics—these were part of the entire experience—whenever I put the record on. I would play it many times over many months, each time getting to know something more about it. Sometimes I began to see myself reflected in its songs and stories. There were times when I never wanted to leave that world. And everything that was part of the record—the sleeve art, the look of it, the words—made up a world.

Q. Why coming back as The Apartments and not with your own name?

I always think of these records as band records. I just happen to write the songs. Whether you use a single person’s name or not, the sound of each record reflects the sound made by the particular players, the particular combination at that particular time. That’s been true of every Apartments record. That’s been true since rock’n’roll began—‘The Sun Sessions’ sound as they do because it’s Scotty Moore and Bill Black there behind Elvis. ‘Highway 61 Revisited’ sounds like it does because it’s Mike Bloomfield and Al Kooper etc etc on it.

Q. Any chance to see The Apartments back to Europe for a tour?

A. September! France!! Paris and the provinces!!!

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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