Shoegaze4

Shoegaze4

Terzo incontro con Clustersun, Rev Rev Rev e Stella Diana. Oggi tocchiamo un tema scottante: la musica italiana, il provincialismo, la mancanza di occasioni, ma anche la presenza di proposte valide, talvolta più apprezzate all’estero che in Italia. Segnaliamo a questo proposito l’imminente tour statunitense dei Clustersun.

di Marina Montesano e Antonio Vivaldi

  • Qual è la vostra opinione della scena musicale italiana? Cosa le manca per avere un po’ di rilevanza in più?

Clustersun

Non buona, invero. Il nostro Paese è ricco di band e realtà validissime, che però faticano ad emergere, complice il progressivo venir meno dell’interesse e della curiosità del pubblico, e la mancanza di attenzione di buona parte dei media di settore, spesso obnubilati da provincialismi e logiche settarie. Ecco, forse per avere più rilevanza basterebbe non essere schiavi di certe micidiali  macchine di hype.

Rev Rev Rev

Stanno crescendo tante realtà valide, è da vedere se si riuscirà a creare anche un pubblico in grado di apprezzarle. Un’altra cosa che manca sono i soldi, perché per i locali, spesso alle prese con difficoltà economiche, è difficile scommettere su una programmazione che non dia una remunerazione garantita, e sappiamo che per far crescere una scena ci vuole anche una capacità di investire sul futuro più che di tirare a campare. Per quanto riguarda le band, crediamo che il problema a volte sia l’autoreferenzialità, nel senso che i gruppi che riescono ad avere un certo seguito da noi spesso preferiscono rimanere nel proprio microcosmo e sentirsi molto importanti, piuttosto che confrontarsi con il mondo rischiando di scoprire che la propria proposta musicale non ha un valore al di fuori della propria cerchia di conoscenze (e l’Italia è tutta una cerchia di conoscenze)… invece ci fa molto piacere vedere che la scena shoegaze italiana sta avendo riconoscimenti e riscontri anche, e forse soprattutto, all’estero. Basti pensare all’imminente tour sulla East Coast dei bravissimi Clustersun: quante band che a livello locale sono considerate mostri sacri possono dire di aver fatto altrettanto?

Stella Diana 

Ad esser franchi a noi dell’Italia poco importa. O meglio, non abbiamo nessuna preclusione casomai è il contrario poichè essa si è mostrata disinteressata alla nostra proposta (in quanto non rispettiamo certi canoni o non battiamo certe strade evidentemente). Non esiste nessuna scena se non quella creata ad hoc, ogni tanto, da alcune lobbies (webzine, uffici stampa, mass media in genere o anche il solo stupido passaparola) che mafiosamente decidono cosa deve andare e cosa no, da dove deve uscire e perchè. Il pubblico ci casca e pecorilmente gli va dietro. Alla musica italiana non mancherebbe in potenza nulla. Ci sono ottime band che stimiamo, come quelle presenti con noi nella compilation o come pure gli In Her Eye di Milano per dire, o le Winter Severity Index di Roma e un sacco di band napoletane. Quello che manca è la cultura e l’intelligenza in molti casi. La cultura da parte di chi dovrebbe investire, anche intellettualmente, o anche osare e dare spazio alle diversità. Il non farlo è da provinciali e l’Italia in questo eccelle.

  • Cantare in inglese o in italiano? Le ragioni delle vostre scelte.

Clustersun

Per noi l’inglese è sempre stata un’opzione naturale, principalmente per il fascino di abbattere buona parte delle barriere comunicative. La sola potenzialità di essere compresi a qualunque latititudine, che l’utilizzo della lingua d’Albione porta con sé, rappresenta uno stimolo ed una sfida incredibile.

Rev Rev Rev

Ci ricolleghiamo alla risposta precedente… non è questione di cantare in italiano o in inglese, ma di qualità della proposta musicale, che deve avere un valore intrinseco e non affidarsi principalmente ad un testo accattivante. Noi abbiamo scelto l’inglese perché non volevamo mettere limiti alla fruizione del testo, ma apprezziamo molto anche chi, come gli amici Stella Diana, riesce a portare buona musica cantata in italiano nel mondo.

Stella Diana

In quanto autore dei testi, ci tengo moltissimo che quello che scrivo venga compreso, ma la questione di fondo è che per me cantare in italiano rappresenta una sorta di sfida. la nostra lingua, metricamente, è così poco musicale in ambito rock. Si presta invece moltissimo in territori piu ricercati, piu aulici; basti pensare a come Branduardi abbia degnamente musicato e cantato i canti carnascialeschi del Magnifico. In realtà l’italiano per il rock, e un genere come il nostro ancor di più, potrebbe andare anche, ma bisogna farci molta attenzione ed evitare di cadere nella banalità.  Ho sempre visto il Battisti periodo Panella come un riferimento nell’uso dell’italiano, così come i Disciplinatha o i vecchi Diaframma (quelli con Miro Sassolini, per intenderci). Poi c’è anche la curiosità di vedere come gli Stella Diana sarebbero stati accolti con pezzi cantati nel nostro idioma e devo dire che a tutt’oggi la scelta ha pagato. Comunque non sono affatto un purista. Qualora mi venisse chiesto di usare l’inglese per raggiungere un pubblico piu vasto lo farei senza nessun problema.

Le due puntate precedenti dell’intervista a Clustersun, Rev Rev Rev e Stella Diana:

https://www.tomtomrock.it/articoli/705-la-shoegaze-revolution-italiana-intervista-a-clustersun-rev-rev-rev-e-stella-diana.html

https://www.tomtomrock.it/component/content/article/2-non-categorizzato/712-la-shoegaze-revolution-italiana-intervista-a-clustersun-rev-rev-rev-e-stella-diana-lo-shoegaze-un-genere-un-etichetta-pt-2.html

httpv://www.youtube.com/watch?v=qGhocFen1q0

Clustersun – Meteors

httpv://www.youtube.com/watch?v=YiuqeSsrSyE

Rev Rev Rev – Probability live @ Edonè, Bergamo

httpv://www.youtube.com/watch?v=Wv1UdaCwl_E

Stella Diana – Navarre

print

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.