21 aprile 2022: una Magical Mistery Story cantata dai Beatbox e narrata da Carlo Massarini
Una tribute band di notevole talento (i Beatbox), un narratore di prim’ordine (Carlo Massarini) e una storia, quella dei Beatles, che in meno di otto anni ha letteralmente travolto e rifondato il mondo della musica, lasciando schegge di creatività che molti artisti, negli anni venire, avrebbero raccolto a piene mani. In due ore e mezza, lo spettacolo dei Beatbox (in tour fino a metà maggio) sintetizza con grande efficacia la Magical Mistery Story dei Quattro Favolosi, la loro tenacia, gli incontri decisivi, l’epopea del successo planetario, la voglia di rimettersi in gioco, le crescenti tensioni e l’inevitabile fine di un’avventura artistica e umana davvero unica nella storia della musica. Una storia, quella di Paul, John, George e Ringo, che comincia a fine anni ‘50 nei quartieri popolari di Liverpool e termina con un concerto, che oggi verrebbe definito “iconico”, sul tetto del palazzo che ospitava la Apple Corps, nel centro di Londra.
I Beatbox ripercorrono tutta la carriera dei Fab Four
I Beatbox offrono una panoramica esauriente e piena di fascino di un percorso musicale che ha condotto i Beatles dalla schietta, adorabile semplicità degli esordi discografici alla deflagrante carica innovativa di Sgt. Pepper’s e del White Album. Sul palco risuonano le note memorabili, talvolta ingenue, talvolta inaspettatamente profonde di She Loves You, A Ticket to Ride, A Hard Days’s Night e Help. Poi cambia il look e cambia l’essenza della musica. Ai capelli a caschetto e alle giacchette fortemente volute dal manager Brian Epstein fanno seguito gli abiti psichedelici o di foggia indiana, e, infine, il look della maturità: capelli lunghi, baffi, pochi orpelli e molta concretezza.
I Beatbox sono ben consapevoli del ruolo decisivo svolto dai Beatles nel costume e nelle dinamiche sociali di quegli anni. I quattro giovani musicisti italiani, perfettamente a loro agio con la lingua inglese, suonano e cantano con grande abilità e passione. E a ogni cambio d’abito corrisponde un percorso musicale nuovo e sorprendente. A Day in the Life, un simbolo di perfezione melodica e lirica, While My Guitar Gently Weeps, doveroso omaggio al talento di George Harrison, Come Together, la magnifica cover di I’m the Walrus sono illuminanti capitoli di un’inarrivabile vicenda di creatività, amicizia, rivalità, passione e talento. La sezione post-1966 è forse la più curiosa e più ‘magical’ , mostrandoci quello che i Beatles avrebbero potuto fare sul palco se avessero deciso di continuare a suonare dal vivo.
Il ruolo di Carlo Massarini
Carlo Massarini narra da par suo aneddoti, episodi sospesi tra verità storica e leggenda, ricorda la scarsa lungimiranza di alcuni discografici e l’acume artistico e commerciale di altri e sottolinea il ruolo decisivo del produttore George Martin. Poi si sofferma su quell’inebriante esaltazione di un successo senza precedenti e la crescente fatica a sostenerlo senza esserne travolti. Dalla messa a punto di She Loves You, quando Paul e John dovettero affrontare la benevola critica del padre di Paul che non apprezzava “quel yeah, yeah, yeah”, a suo dire poco conforme al british english, alle intemperanze di Paul di cui una volta fece le spese (incredibile!) il quieto George. “Ok Paul. Dimmi come vuoi che suoni questo pezzo e io lo farò!”.
Il racconto è avvincente e appassionato e quando la band torna sul palco per concludere la serata con le memorabili note di Hey Jude, tra il pubblico, dall’età alquanto variegata, s’insinua una sottile e benefica commozione.