Il tour dei festival di Billie Eilish arriva a Parigi.
Billie Eilish in concerto per anticipare i tre giorni del Rock en Seine di Parigi (25-27 prossimi) è un ottimo colpo per l’organizzazione, che si assicura l’esclusiva francese dell’artista californiana per un cachet stellare di 1,5 milioni di euro. Un’ora e mezzo di concerto che Billie Eilish porta in giro nei festival mondiali ormai da qualche tempo e che si dovrebbe chiudere con il prossimo appuntamento di Reading. Alle spalle ci sono due LP di straordinario successo e una manciata di singoli ed EP che l’hanno resa una star del pop contemporaneo, che piace però anche a una parte (la meno chiusa in sé stessa) del mondo indie. Al Rock en Seine c’è un pubblico eterogeneo che va dai bambini con genitori agli adulti, naturalmente con una stragrande preponderanza di quelli della generazione di Billie Eilish, i ventenni o poco più.
Il palco del concerto è semplice: una pedana inclinata che finisce in una passerella che entra fra il pubblico, tre schermi, due strumentisti, ossia il batterista Andrew Marshall e suo fratello, il polistrumentista Finneas, che a Parigi raccoglie ovazioni quanto lei.
La setlist
La setlist mette insieme gli highlights della sua carriera per arrivare fino a What Was I Made For?, dalla colonna sonora di Barbie. E se sulla copertina di Happier Than Ever Billie Eilish si mostrava un po’ Barbie lei stessa, dal vivo si torna al look più consueto, con leggings e maglia sportiva oversize, capelli scusi prima raccolti poi, verso la fine del concerto, sciolti, e un po’ di trucco a marcare gli occhi molto belli che le illuminano il viso.
Bella immagine, grande scioltezza sul palco, dov’è quasi sempre sola (tranne qualche parentesi accanto al fratello) ma non pare soffrirne e tanto meno il pubblico, immediatamente conquistato con l’inno emo Bury A Friend, seguito da alcuni fra i migliori brani dal secondo LP, come I Didn’t Change My Number, NDA, Therefore I Am, poco più tardi una Billie Bossa Nova migliore che sul disco. Con una scaletta che propone quasi tutto il disco, più numerosi ripescaggi dal primo When We All Fall Asleep Where Do We Go? (otto complessivamente), ci si rende conto bene a sentirli così tutti insieme quanti brani di livello eccellente possa già annoverare la giovane carriera di Billie Eilish.
Il concerto di Billie Eilish si chiude al meglio
Al centro del set c’è la pausa acustica con Finneas, entrambi alla chitarra, durante la quale Billie chiede alla security di aiutare alcuni fan in difficoltà, probabilmente per il caldo e la calca. È una parte del set che personalmente trovo meno esaltante, ma forse necessaria per ricaricare le batterie. Poi in effetti si riprende la corsa verso un finale trionfale punteggiato da Lost Cause e Bad Guy, e la chiusura con la splendida Happier Than Ever, avvertita, a giudicare dalla reazione del pubblico, come un inno generazionale.
Giusto mix tra senso dello spettacolo molto americano e capacità di far sembrare un concerto dinanzi a decine di migliaia di persone come qualcosa di intimo, Billie Eilish si guadagna a pieno titolo il titolo di star dei nostri tempi, uno di quegli esempi non frequenti, ma per fortuna sempre presenti, in cui il successo di pubblico non compromette la qualità.