Sendelica @ Casa del Popolo di Settignano
(Firenze, 17.05.2017).
Nella storia del rock ci sono generi che forse più di altri – almeno a parere di chi scrive – viene da definire con l’aggettivo “datati”. Non è ovviamente un giudizio di merito. Si intende semplicemente dire che la loro influenza è rimasta fondamentalmente circoscritta al loro periodo d’oro e che non se ne rintracciano rilevanti influssi nella scena musicale degli anni successivi. E spesso il cadere un po’ nel dimenticatoio è direttamente proporzionale al successo goduto al loro apice. Tra questi generi, a mio avviso, c’è la psichedelia inglese delle origini. Per cui confesso di essere andato con molta curiosità, ma anche con un po’ di prevenzione, al concerto dei Sendelica.
I gallesi Sendelica e la psichedelia inglese
La band gallese, sulla scena da una decina di anni e molto prolifica nella produzione discografica, è in tour anche in Italia per presentare il suo ultimo disco Lilacs Out of the Deadlands. “Psichedelici” i Sendelica lo sono senz’altro. A cominciare dalle proiezioni sullo sfondo con le quali accompagnano i loro live e che hanno mostrato anche in questa occasione.
Una psichedelia che mostra abbastanza chiaramente le proprie radici d’oltremanica. Ci riferiamo alla scena musicale inglese di fine anni Sessanta – primi Settanta in cui progressive, Canterbury sound e influssi jazz si mescolavano fino a fondersi spesso in maniera feconda. Hawkwind – non a caso Nik Turner ha prodotto alcuni loro lavori -, Pink Floyd, Colosseum, Soft Machine e Gong sono solo alcuni dei nomi che vengono in mente ascoltando i Sendelica. Ma il fatto stesso che vengano in mente in così gran numero è la dimostrazione del fatto che la band gallese rivisita il genere con grande personalità e originalità.
Alla Casa del Popolo di Settignano i Sendelica presentano i loro ultimi lavori
Il concerto si è snodato fra pezzi dall’ultimo album e da dischi precedenti. Con i primi brani legati fra se e presentati quasi senza soluzione di continuità. Tanto che per quasi tutta la prima parte è stato difficile perfino trovare lo spazio adatto per gli applausi. Il tappeto sonoro è stato assicurato dal precisissimo quanto “fantasioso” basso di Glenda Pescado (maschio a dispetto del nome!). Nonché dalla batteria e percussioni di Gregory Curvey, arricchite da un piccolo gong e da altri elementi “etnici”.
Rispetto alle incisioni su disco la chitarra di Pete Bingham, pur confermando gusto e fantasia, si tiene maggiormente in disparte per lasciare la parte del leone ai sax contralto e soprano di Lee Relfe. Il quale a sua volta in questo concerto ha abbandonato certi fraseggi che in diversi brani dei dischi da studio richiamano alcuni sassofonisti europei che si rifanno al patrimonio della musica popolare del Centro e Nord Europa (Jan Garbarek e Mihaly Dresch su tutti) per virare decisamente verso atmosfere e sonorità quasi da hard bop.
I Sendelica e il modello Hawkwind
Anche in questo si sono “sentiti” gli Hawkwind, specie quelli del “periodo Lemmy Kilmister”. Insomma, almeno a giudicare da questo concerto, viene da dire che i Sendelica dal vivo siano abbastanza diversi dai Sendelica su disco. Pur mantenendo ovviamente la propria impronta. Il che, lungi dall’essere un difetto, rappresenta una ulteriore prova non solo della loro preparazione e abilità. Nonché della loro sensibilità di musicisti e della loro capacità di reinterpretare e far rivivere un genere ormai ben poco praticato.