Il concerto dei Širom al Caracol, Pisa, 11 maggio 2023.
Già a guardare l’allestimento del palco si entra nello spettacolo dei Širom. Sulla piccola pedana del Caracol si affollano due balafon – un terzo è appoggiato al di fuori, pronto a subentrare dalla panchina (se ci passate il paragone calcistico) -, una ghironda, cordofoni di varia natura (due banjos, un sintir nordafricano, un paio di liuti simili al bouzouki e con qualche parentela con l’oud, un rebab), due violini, grancassa, piatti, campane tubolari, steel drum e sonagli di vario genere, oltre a una piccola “batteria da cucina” composta da tegami e tegamini di varie misure e a piccoli strumenti a fiato, quasi poco più che fischietti. E forse abbiamo dimenticato qualcosa.
The Liquified Throne of Simplicity dal vivo
Questo l’armamentario usato dai tre sloveni per eseguire tre brani dal loro ultimo disco The Liquified Throne of Simplicity: per la precisione Wilted Superstition Engaged In Copulation, A Bluish Flickering e Prods The Fire With A Bone, Rolls Over With A Snake. Richiamati in scena da un pubblico attentissimo e letteralmente “stregato” hanno poi eseguito Maestro Kneading Screams Of Joy, dal loro secondo disco I Can Be A Clay Snapper. Il tutto per circa un’ora e mezza di musica – ma sarebbe meglio dire “di spettacolo”, perché anche la parte visuale ha avuto la sua importanza – ammaliante. Una musica impossibile da definire, un misto di carnalità e di spiritualità che si avvicina al jazz per il gusto dell’improvvisazione, alla psichedelia per certe sonorità, alla musica tribale africana per il ruolo spesso ossessivo delle percussioni, alla musica popolare balcanica e direi soprattutto magiara – forse perché Iztok Koren è originario di un villaggio a pochi chilometri dal confine ungherese? – nei momenti in cui il ritmo martellante lascia spazio ad atmosfere più liriche.
Gli strumenti dei tre Širom
Ognuno dei tre ha i suoi “strumenti di elezione”: il violino e il rebab per Ana Kravanja, il banjo e il sintir per Iztok Koren, i liuti e la ghironda per Samo Kutin, ma tutti e tre contribuiscono a turno, e spesso contemporaneamente, a stendere un uniforme tappeto percussivo che si avvale di tutti gli strumenti a disposizione per ricercare non solo un ritmo, ma anche e soprattutto un “suono” particolare: significativo il lungo momento in cui Kutin ha fatto cadere da un tegame all’altro dei granelli di cereali – o almeno tali sembravano – producendo sonorità tanto insolite quanto funzionali all’atmosfera del brano in quel momento.
La “sonorità” tutta particolare dei Širom è dovuta anche alla loro tendenza a suonare i cordofoni – compreso il banjo – spesso con l’archetto, alternandolo col più tradizionale “pizzicato”. In questo contesto anche la ghironda dismette il suo ruolo “melodico” per disegnare un tappeto ritmico sul quale si inseriscono gli strumenti a corda e i piccoli fiati, oltre ovviamente ai balafon e alle altre percussioni, con un notevole ruolo svolto dai piatti. E quando l’”ossessione ritmica” si attenua per lasciare spazio ai momenti più lirici i delicati vocalizzi di Samo e di Ana conferiscono all’atmosfera del brano un che di quasi “sacrale”. I Širom sono una delle band più suggestive e innovative in circolazione e ascoltare i loro dischi – già quattro dal 2016 ad oggi – è un’esperienza quasi “mistica”. Ma se vi capita, ancora meglio, andate a vederli dal vivo: sono una gioia per gli occhi oltre che per gli orecchi!