King Crimson – Uncertain Times Tour, Lucca, 25 luglio 2018.
Serata torrida (*), ventagli colorati offerti alle signore dalle gentili ragazze dello staff e una folla transgenerazionale (beh, per dovere di cronaca va detto che gli over 50 erano la schiacciante maggioranza) in composta attesa. Queste sono le premesse all’ipnotica, sontuosa e impeccabile cerimonia laica offerta dai King Crimson al Summer Festival di Lucca.
Prima del concerto, che inizia con rigorosa puntualità, il pubblico viene informato circa la regola aurea a cui deve attenersi durante l’esibizione: niente foto. Al termine dello show Mr. Fripp si presenterà sul palco con una macchina fotografica: quello sarà il segnale del via libera. Fotocamere di antica e nuova generazione potranno esprimersi liberamente. Ma solo per una manciata di secondi, come vedremo.
Quei gentiluomini all’antica dei King Crimson
La band si presenta con la sobria eleganza di un gruppo di gentiluomini inglesi intenti a trascorrere il fine settimana in una dimora di campagna nel Surrey. Pantaloni e gilet neri, camicia bianca, niente che possa minare l’immagine della band, improntata ad un rigoroso understatement. Ma quando le note della prima parte di Lark’s Tongues in Aspic avvolgono Piazza Napoleone, una location dall’acustica eccellente, tutto assume una connotazione ben più incisiva.
Tanti bravi musicisti e un indiscusso leader
Sul palco ci sono ben tre batteristi, Gavin Harrison (Porcupine Tree e molte altre collaborazioni incluso Claudio Baglioni), Pat Mastellotto e Jeremy Stacey. Ovviamente, tutti di grande talento. Il basso di Tony Levin e gli strumenti a fiato di Mel Collins rappresentano una sorta di continuità con la nobile tradizione della band. Il settantaduenne Robert Fripp, compassato e solenne, guida la sua Corte come un impeccabile maestro di cerimonie. Le sue dita, che si muovono rapide e sicure sulle corde della chitarra, sono uno spettacolo nello spettacolo. Con grande soddisfazione del pubblico, i King Crimson offrono una sorta di greatest hits, attingendo dal loro repertorio più celebre e apprezzato.
Una sfilata di classici del repertorio King Crimson
Moonshine, Starless, Epithaph, Island e Lizard sono i punti forza di una band dalla storia lunga, complessa e per molti aspetti memorabile. Una menzione speciale va riservata a Jakko Jakszyk, eccellente musicista (da notare la chitarra con l’effige della mitica copertina di In the Court of the Crimson King), produttore discografico e straordinario cantante. Con carisma e personalità, Jakko si è fatto carico di un’eredità importante, vista la qualità dei suoi predecessori, dai compianti Greg Lake e John Wetton, ad Adrian Belew.
Per circa tre ore, inclusa una breve pausa tra il primo e il secondo set, i King Crimson hanno dato vita ad un’epica, magistrale e ammaliante celebrazione dello spirito prog. Con tutti i pregi e difetti ad esso correlati. Perfezionismo e ridondanza, gioco di squadra e individualismo marcato. Ciascuno deve trovare almeno un piccolo spazio per mettere in evidenza le proprie abilità tecniche, ed ecco le tre batterie che” si sfidano” in virtuosi assoli e s’inseguono a colpi di rullante ben assestati. Il “muro del suono” è resistente e coriaceo, spazia dalla sperimentazione alla ballata, dalle infiltrazioni jazz all’elettronica.
21st Century Schizoid Man sempre attuale, purtroppo
Ma l’apoteosi, neanche a dirlo, arriva al momento del bis. 21st Century Schizoid Man è l’implacabile celebrazione di questi tempo incerti, venati d’inquietudine e di una follia sotterranea ma potenzialmente esplosiva. Un grande, magnetico “pezzo” che molti musicisti considerano un punto di riferimento essenziale.
Infine, ecco Mr. Fripp munito di macchina fotografica. Tre, quattro secondi e i cellulari lavorano a cottimo. Con buona pace della band e della folla festante.
(*) La canicola sembra essere una costante del Lucca Summer Festival 2018, come dice anche questa recensione del concerto di Nick Cave & The Bad Seeds.