1 Metronomy

1 Metronomy

di Marina Montesano

Per la data parigina del loro tour europeo i Metronomy si presentano in compagnia di due band che cominciano a scaldare il pubblico già verso le 19.30. Per primi i Woman’s Hour, quartetto inglese con voce femminile; hanno alle spalle qualche singolo e sono autori di un pop a tratti sognante, a tratti danzante. Eseguono una cover, inverosimile quanto ben riuscita, vista la distanza degli stili, di Dancing In The Dark di Springsteen e lasciano una buona impressione. E’ poi la volta dei più noti Swim Deep, energici, ritmici, sulla linea vagamente revivalistica di Happy Mondays & co. Anche loro sono accolti calorosamente e portano in prossimità del momento che tutti attendono.

2 Metronomy
Sono passate da poco le 21 quando arrivano i quattro, coadiuvati da un quinto membro che si occupa di tastiere e chitarre, tutti impeccabilmente vestiti di bianco/nero, d’oro la batterista. Attaccano con due brani dall’ultimo disco, Monstrous e Month Of Sundays (quest’ultima con una chitarra dalle reminiscenze Pixies), per poi far esplodere lo Zénith con The Look. La scena richiama la copertina di Love Letters, con tanto di nuvolette rosa di cartone, che ora si illuminano di mille colori.

3 Metronomy

Bello sfondo, ma è la musica che conta perché i Metronomy sono in forma splendida e attaccano una sequenza di canzoni dagli ultimi tre dischi, nelle quali appare chiaro che il legame tra il ritmico Nights Out e i due successivi, malinconici e più pacati The English Riviera e Love Letters, la band è in grado di crearlo soprattutto dal vivo, dove tutto viene ridisegnato in chiave di potenza ritmica. Protagonista in questa fase è lo straordinario bassista Olugbenga Adelekan che salta, incita il pubblico e nel frattempo suona, appunto, come un metronomo. Quando Radio Ladio esita in Love Letters si raggiunge un altro momento esplosivo.

4 Metronomy

Poi le cose si calmano un po’, ma nel frattempo abbiamo modo di vedere i musicisti passare da uno strumento all’altro, Oscar Cash e Anna Prior esibirsi alla voce, Joseph Mount esibire il suo francese piuttosto scarso. The Upsetter, con il solo di chitarra replicato molto bene dal quinto membro, è un altro highlight, mentre The Bay chiude nell’apoteosi di seimila che cantano di non essere a Parigi, mentre ci sono e paiono anche molto contenti (Because this isn’t Paris / And this isn’t London …).

5 Metronomy
Pochi minuti e i Metronomy sono di nuovo in scena con tre bis, poi ancora con una quarta canzone, ripescaggio dall’artigianale primo disco, Pip Paine: You Could Easily Have Me, eseguita con un volume di suono impressionante, che sembra voler scacciare il pubblico. Che invece ne vorrebbe ancora, ma purtroppo il concerto finisce qui, nella convinzione di aver visto una band padrona della scena e, cosa che dai dischi non si direbbe, davvero potente.

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Metronomy – The Look

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