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Il Pukkelpop 2014 si apre con gli Young Fathers

Con quasi trent’anni di vita e poco meno di duecentomila spettatori sui tre giorni di durata, Pukkelpop è ormai uno degli appuntamenti festivalieri più importanti dell’estate europea. Tra gli otto palchi disponibili, nel primo pomeriggio scegliamo di raggiungere il Castello, dove alle 14 suonano gli Young Fathers, rivelazione scozzese di questi ultimi due anni.

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L’ora non intralcia l’esibizione perché il palco è sotto un tendone e il buio aiuta la concentrazione, uno dei punti chiave dell’esibizione del terzetto, sulla scena accompagnato da un ottimo batterista, da un computer per le basi e a tratti da una cantante. Potrebbe risultare uno spettacolo piatto o monocorde; invece è reso intenso dal fatto che i tre sono scatenati, le voci si alternano e si intrecciano, cantano e rappano, le percussioni fra primitivismo e industrial rinviano all’Africa e al trip-hop almeno quanto al suono urbano del futuro. Il concerto si apre con No Way, dall’ultimo Dead, e termina con la splendida I Heard dal precedente Tape Two. Nel mezzo quaranta minuti perfetti. Un ottimo modo per cominciare.

Pomeriggio con i Perfect Pussy e i Gogol Bordello

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Altro palco, altra band: i Perfect Pussy suonano sotto il tendone Marquee, molto grande, ma evidentemente non hanno raccolto una folla sufficiente e anche il loro hardcore “a tutti i costi” dal vivo convince meno che su disco. La cantante, abbigliata con l’insolita e non felicissima accoppiata gonna da sposa e tatuaggi, si spende, ma il risultato è modesto: il pubblico chiacchiera, qualcuno in prima fila accenna un timido headbanging, ma non c’è alcuna traccia di pogo come un concerto del genere richiederebbe.

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Del tutto differente lo spettacolo offerto sul palco principale dai Gogol Bordello, il cui miscuglio di musica balcanica, ska, punk e metal può suonare ormai un po’ datato, ma è in grado di rallegrare anche i cieli cupi del Belgio. Tutti danzano e si divertono, sul palco come fra il pubblico, mentre i membri dela band suonano in modo eccellente e alternano i brani del loro ultimo Pura Vida Conspiracy con quelli più celebri dai loro precedenti.

 

Mac DeMarco perfetto per un festivalPukkelpop4

Con un genere del tutto differente, Mac DeMarco è un altro al quale il senso dello spettacolo certamente non difetta. Eppure in apparenza non sembrerebbe: con un aspetto dimesso a partire dal cappellino da baseball e accompagnato da una band che pare uscita da uno studio di registrazione californiano quarant’anni fa, Mac sfodera invece un’anima di showman invidiabile. Le canzoni non sono tanto cantate quanto interpretate e sulle note della conclusiva Still Togheter si lancia, con gesto atletico anch’esso invidiabile, sulle prime file; poi comincia un crowdsurfing (attività peraltro proibita a Pukkelpop) spettacolare che si conclude con un’arrampicata su una delle colonne che reggono il tendone.

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Se la performance di Mac DeMarco convince in pieno, riesce invece difficile capire le ragioni per cui si presta attenzione ai sudafricani Die Antwoord, che non sanno né cantare, né rappare, né ballare e che pure a metà pomeriggio si esibiscono sul main stage. Il concerto ha una sua grossolana efficacia, in linea con l’immagine trash del gruppo, che evidentemente ad alcuni piace.

Janelle Monae dà spettacoloPukkelpop7

Noi passiamo subito al concerto successivo, quello di Janelle Monae, che invece sa fare bene tutte e tre le attività suddette. Suona accompagnata da una band precisa, se non troppo potente nelle basi funk, e la prima parte del concerto è fulminante: Dance Apocalyptic, Q.U.E.E.N., Electric Lady sono irresistibili inviti alla danza. Solo Primetime può esser bella sul disco, ma dal vivo riesce meno adeguata e anzi raffredda un po’ l’ambiente; I Feel Good è un omaggio sentito a James Brown, che evidentemente Janelle considera un maestro, fino a emularne dal vivo alcuni numeri con efficacia alterna. Ma lo spettacolo è di alto livello e Janelle Monae un’artista che crede in quello che fa: dal momento in cui ricorda con amarezza i fatti di Ferguson, dei quali il 14 agosto appena si comincia a parlare anche in Europa, fino a quando si lancia tra il pubblico alla fine del concerto.

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E’ il momento degli Outkast

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Ma è arrivato ormai il momento del duo per il quale TomTomRock si trova a Pukkelpop: il ritorno degli Outkast per celebrare i ventanni dell’esordio del 1994, Southernplayalisticadillacmuzik. Ricordati ormai soprattutto per i loro successi principali e maggiormente orientati verso il pop, come Ms. Jackson e Hey Ya!, ci si dimentica che per primi gli Outkast hanno riportato in auge il funk psichedelico di George Clinton, non solo nei samples (come Dr Dre con il suo G-funk), ma in modo più completo nelle atmosfere e nello spirito.

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Così come si dimentica che gli Outkast sono/erano un rapper eccellente, Big Boi, e uno stellare, André 3000: ecco, questa ultima cosa risulta evidente anche nel loro ritorno. Buone le esecuzioni e la scena, ma soprattutto incredibile il flow del duo, passato intatto attraverso gli anni. Nessun bisogno di tracce vocali preregistrate o di rallentare il ritmo: B.O.B. (Bombs Over Baghdad) apre il concerto e le danze con ferocia, poi la scaletta allinea i successi del duo, pescando dall’intero repertorio. Un vero e proprio greatest hits.

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Ovviamente Rosa Parks, Ms. Jackson e Hey Ya! riscuotono i consensi maggiori, ma il momento più toccante è dato da Aquemini, quasi un manifesto dell’unione fra due spiriti così differenti, che ha una complessità dei versi e del timing notevoli, ma viene eseguita dai sue rapper in modo impeccabile. C’è spazio anche per un paio di brani nel repertorio solista, quello che appartiene a Speakerboxxx/The Love Below, il disco in cui i due si dividevano per la prima volta, pur mantenendo il nome comune, e ch’era evidentemente il segno dell’imminente scioglimento.

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A Big Boi spetta il ruolo del rapper più vicino alle consuetudini del genere, ad André quello dell’alieno dalle movenze strambe, gli abiti insoliti e la parrucca, che alla fine esce di scena all’improvviso, sotto lo sguardo attonito di Big Boi, senza neppure prendersi gli applausi.
Difficile attendersi un nuovo disco in coppia, ormai. Ma lungi dall’esser solo revival, il tour dei festival serve a ricordare l’importanza degli Outkast sulla scena hip-hop e non solo su quella.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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