Beach Slang The Things We Do

 Beach Slang The Things We Do

di Mattia Meirana

Magari dei Beach Slang qui se n’è sentito parlare poco, quasi niente. Immagino sia perché il punk, di per sé, non è il genere che più muove le masse, al momento. Ma che dici, ribatterà qualcuno, i Green Day riempiono palazzetti. Ci siete andati a un concerto punk, di recente? Dico un concerto bello, di band che escono su etichette come la Epitaph, roba seria, insomma, che in America, ma magari anche in Inghilterra, riempiono posti da 2000 persone. Io ci sono andato, a Bologna, a Milano, posti centrali, comodi. Ai concerti punk del genere, in Italia, ci vanno 300 persone per data, se va bene. Il punto è che noi punkrocker facciamo così tanto casino che sembriamo comunque 2000, ed è per quello che poi sembra strano pensare che il punk rock, alla fine, giri solo tra di noi, e al resto freghi poco.
I Beach Slang sono arrivati l’anno scorso con un paio di EP sorprendenti, ma il frontman James Alex è un pioniere del punk rock made in Pennsylvania da più di vent’anni, avendo lui suonato in una band che doveva diventare grande come gli Weezer o i Brand New, gli Weston, ma che poi si è un po’ goduta il successo americano lasciando perdere il resto. Da lì, pezzi memorabili sull’amore adolescenziale, lo skateboard, la ragazza col maglione, l’estate e la noia in America. Vent’anni dopo James Alex va per i quaranta ma le cose per chi resta giovane dentro cambiano poco, e con i Beach Slang tira fuori quello che con gli Weston sarebbe sembrato troppo arrogante. Un sound molto più denso, strati di chitarre che vanno contro la linearità solita a cui il punk ci ha abituati e una voce che non è più quella del ragazzino che si è fatto la barba per la prima volta l’altro ieri. E i testi, paradossalmente, sembrano più giovani di quelli di prima. Si parla, più che altro, di stare al mondo, essere “young and alive”, non perdere niente, darci dentro, queste cose qui. Stare bene con se stessi, dunque, e nonostante i concetti a volte suonino un po’ banali non si può fare a meno di sentirsi bene ascoltando The Things We Do To Find People Who Feel Like Us, rigorosamente sull’impianto stereo più grosso a disposizione, perché questo potrebbe essere benissimo il disco punk con la miglior produzione degli ultimi 10 anni. Più alto si ascolta meglio è, insomma.

9/10

httpv://www.youtube.com/watch?v=5GjOfB4Lc5Y

Bad Art & Weirdo Ideas (live)

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