di Antonio Vivaldi
Dopo la suggestiva e poco consolatoria fusione di filastrocche velvettiane e ossessioni mortuarie dell’album Cyrk, la gallese Cate Le Bon ha deciso di trasferirsi a Los Angeles e un po’ di sole è entrato nella sua musica. Trattandosi però del sole insalubre della Città degli Angeli, il risultato è un disco di ‘pop’ sghembo e, ancora una volta, non proprio sereno (molte canzoni sono state ispirate dalla morte della nonna materna). La produzione di Noah Georgeson (Joanna Newsom, Devendra Banhart) rende nitidi i suoni con l’esito quasi paradossale di mettere in bella evidenza la stralunatezza ossessiva di diversi momenti (No God), così come la marzialità minacciosa di Wild o i deragliamenti strumentali di Mirror Me e Cuckoo o Through The Walls. Se fin qui non molto cambia rispetto al passato recente, a rendere davvero apprezzabile Mug Museum provvedono i passaggi in cui il gusto per l’insolito si fonde a una sapienza melodica finora tenuta nascosta forse per snobismo o forse per maturità non ancora raggiunta: la suadente-incalzante I Can’t Help You, la quasi radiofonica – con tanto di ritornello! – Are You With Me Now e il lentone nostalgico I Think I Knew, cantato in duetto con Mike Hadreas-Perfume Genius, il Truman Capote del rock alternativo d’oggi. Ecco, se il futuro portasse un’ulteriore strutturazione della stranezza, potrebbe arrivare un piccolo capolavoro.
7,3/10
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Cate Le Bon (ft. Perfume Genius) – I Think I Knew