di Fausto Meirana
Il paladino del suono puro, nemico degli mp3 a bassa fedeltà e creatore di un sistema di audio portatile ad essi antagonista, con un’impagabile giravolta delle sue si beffa ancora una volta del suo ostinato e paziente pubblico; Il nuovo disco di Neil Young, A Letter Home, è una raccolta di cover registrate in una di quelle cabine che si usavano nell’America degli anni ‘40 per incidere dischi di auguri dedicati alla famiglia o ai parenti. Il risultato è aspro e bizzarro, con il suono sporco della chitarra, o del piano, che sembrano uscire dal vecchio Geloso della nostra infanzia o dalla radiolina ‘a transistor’ custodita nella giacca per sentire i risultati di calcio. Un moderno bootleg, dunque, fortemente desiderato in questa forma dall’imprevedibile canadese con il determinante aiuto, diciamo ‘tecnologico’, di Jack White. I brani sono certamente significativi, a partire dalla Changes di Phil Ochs o dall’immortale Reason To Believe di Tim Hardin, passando per il doppio omaggio a Willie Nelson (Crazy e On The Road Again) e Gordon Lighfoot (Early Mornin’ Rain e If You Could Read My Mind), ma il picco è la straziante versione di Needle Of Death dal repertorio del chitarrista inglese Bert Jansch, che poco prima di morire andò in tournée proprio con Neil Young.
7/10
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Neil Young – Needle Of Death