Artificial Pleasure: un debutto interessante.

Quando un disco nuovo ricorda un qualcosa di già sentito le reazioni possono essere opposte. Da “è troppo uguale a…” a “un capolavoro! Ricorda proprio…” in senso sia positivo che negativo. Cosa che succede ascoltando l’interessante disco d’esordio per una band londinese che si è già presentata al pubblico con un paio di singoli. Gli Artificial Pleasure pescano dal meglio che c’è stato in un ambito preciso per restituire un prodotto che li rappresenta.
The Bitter End, un disco a dir poco evocativo
The Bitter End è un gran disco, un ottimo biglietto da visita spudoratamente evocativo, ma così spudorato da risultare perfetto. Sospeso tra David Bowie e i Talking Heads, la band londinese riesce a incasellare dodici brani che non fanno una piega e paiono sfornati da un consumato gruppo new wave anni’80. Attenzione però: non stiamo parlando di un prodotto vintage. The Bitter End supera i riferimenti voluti per arrivare a una sorta di “Eighties 2.0” in quanto la bravura degli Artificial Pleasure sta proprio nell’esasperare il citazionismo grazie a capacità artistiche non comuni.
Le canzoni di The Bitter End
Non c’è un brano che stona in tutta la scaletta dell’album. Ogni pezzo ha una linea melodica studiata in modo da non lasciare dubbi. Basta stare al gioco, pena il rischio di un’immediata irritazione per l’operazione in sé. I primi due singoli (potrebbero uscirne altri dieci) sono particolarmente ruffiani. On A Saturday Night e I’ll Make It Worth Your While convincono al primo ascolto. Tirati al punto giusto, buoni per qualunque occasione rigorosamente hipster. Ottime le ritmica e la linea melodica, la voce sicura e tonante del frontman Phill McDonnell completa il tutto. Il resto dell’album procede sulla stessa linea con momenti forse più da stadio, All I Got, e altri (pochi) più intimi tipo Basement, una ballata solo musicale che suona come un piacevole intervallo.
Difficile valutare un’opera prima che suona come il miglior tributo a un’epoca. Rimane forte la curiosità di sapere dove gli Artificial Pleasure vogliano arrivare.