Pugliese trapiantato in Svizzera, Davi Vale ovvero Autune presenta i suoi Reworked Auttakes.
Autune è il nome del nuovo progetto musicale – ma finisce per diventare anche il suo moniker – di Davi Vale, pugliese trapiantato in Svizzera. Il nome viene da una fusione tra le parole “autumn” e “tune” e lascia intendere, almeno nelle intenzioni, una influenza delle atmosfere autunnali della sua nuova residenza sulla sua musica. Il titolo dichiara invece il contenuto del disco e, per la verità, a prima vista sembra non predisporre a un giudizio lusinghiero.
Un progetto che parte dal disco precedente
Si tratta infatti di dieci brani “scartati” – outtakes, appunto, ribattezzati auttakes per assonanza con il progetto – dal suo disco precedente Komorebi, pubblicato nel 2022. In realtà la chiave di lettura dell’operazione sta in quel “reworked”. Ovviamente, non conoscendo i brani originari, è impossibile determinare come si sia dipanato il processo di riscrittura e neppure capire se e come si siano allontanati dalla cifra musicale del disco precedente da cui erano stati esclusi. Quello che si può dire però è che non si presentano affatto come “scarti”. Dieci brani quasi esclusivamente strumentali tutti molto corti – solo gli ultimi due superano di poco i tre minuti – che l’autore ha riscritto chiamando a collaborare musicisti con storie ed esperienze diverse: il compositore Flavio Calaon, il producer Yaree, il chitarrista Fëel, il musicista e produttore Sebastiano Lillo e il trombettista Niccolò Monté Rizzi.
Influenze e atmosfere
Il risultato è un disco che fonde sonorità e influenze assai diverse all’interno di un’atmosfera generale comunque nel complesso unitaria fornita da basi jungle e drum & bass quasi costanti. In Iberomok e in Birdwatching sembra di sentire influenze della cosiddetta “musica colta”, anche con qualche inflessione orientale. No Paper In Plastic inizia con un andamento tra il lounge e l’ambient, evidenziato dagli inserti della tromba di Niccolò Monté Rizzi; atmosfera sostanzialmente replicata nella conclusiva I Was Supposed To Delete Myself, in cui la tromba la fa ancora da padrone accentuando però una grammatica più squisitamente jazzistica. A metà del disco la cortissima (39 secondi) Reopening tiene fede al suo titolo aprendo una parentesi di grande solennità di stampo prettamente classicheggiante che sostanzialmente divide in due il disco e ne introduce la seconda parte. Lemon Balm Fëel è forse il brano con le maggiori venature pop-rock, se non altro per lo spazio preponderante che si prende la chitarra elettrica, mentre la successiva A Sunset In Glitch deve molto alla grammatica hip-hop. Oh Dear Flower è l’unico brano nel quale compaiono alcune voci, di cui almeno una femminile, sullo sfondo di un motivo ossessivamente ripetuto da una tastiera elettronica.
Tu Sais Pas Faire Autrement – altro brano “cantato” – richiama anche nel titolo certe atmosfere degli chansonniers francesi, ovviamente assai rivisitate in chiave pop-elettronica.
Autune – Reworked Auttakes: un aiuto per Gaza
Il risultato finale è un disco assai gradevole, con una sua peculiare unitarietà all’interno di una combinazione di “grammatiche” musicali piuttosto varie. Per finire – anche se non amiamo mescolare il lato musicale con corollari, per così dire, estrinseci -, ci corre l’obbligo di segnalare che il disco è disponibile su bandcamp solo in formato digitale a offerta libera e che il ricavato sarà integralmente devoluto a Medici Senza Frontiere per fornire aiuti medici e umanitari a Gaza: in tempi di finta “beneficenza dolciaria” non ci pare poi così poco.
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