Il documentario Beside Flows The River e la colonna sonora di Davide Tosches
Parlare di una colonna sonora pone spesso un paio di domande, e di problemi, per un verso opposti e per un altro complementari. Da un lato ci si chiede quanto sia lecito giudicarla separatamente dalle immagini per il “commento” delle quali è stata concepita; dall’altro vi è al contrario la tentazione di capire se abbia, per così dire, le gambe per camminare da sola e se regga anche ad un ascolto deprivato della visione. A ben vedere, forse sono entrambi falsi problemi. Beside Flows The River di Davide Tosches nasce dal suo incontro con il regista Marco Leone, autore di un documentario che narra un suo viaggio a piedi dalle sorgenti alla foce del Po, il cui titolo italiano suona Accanto Scorre Il Fiume.
Accanto Scorre Il Fiume
Il musicista piemontese vive in mezzo ai boschi a costante contatto con la natura e non ci è difficile immaginare che si rimasto subito entusiasta del progetto; e d’altro canto ci è invece difficile immaginare qualcuno più adatto di lui a questo compito. Il disco si compone di tredici brani la cui lunghezza (da poco più di uno a tre minuti circa, con una durata media intorno ai due minuti e trenta) e i cui titoli fanno intendere chiaramente lo stretto rapporto di ognuno di essi con il cammino del regista. Ma forse più che di “cammino” potremmo addirittura parlare di “Camino” nel senso “santiaghesco” perché questo percorso nella natura finisce con l’avere un aspetto quasi mistico nel rapporto con essa: un rapporto fatto di meraviglia, di beatitudine, ma anche di quelle paure ancestrali che i percorsi in territori solitari tendono spesso a far riemergere. In questo senso il susseguirsi di brani più “cupi” e altri più “distesi” rende benissimo l’idea dell’alternanza di situazioni e di stati d’animo che possono presentarsi in un simile percorso.
Davide Tosches compone ed esegue interamente Beside Flows The River
Eccellente multistrumentista, Tosches fa tutto da se suonando quasi ogni tipo di cordofono – con la chitarra acustica e soprattutto la lap steel che si ritagliano comunque spesso il ruolo di protagoniste – e percussioni varie, tra cui una kalimba autocostruita e da lui battezzata “kalimba piemontese”, non disdegnando un uso abbastanza discreto del sintetizzatore e certi accenni di “rumorismo”; non a caso presenti soprattutto nel brano intitolato One Nightmare, che verso la fine viene bruscamente ad interrompere quell’atmosfera più distesa che accompagna la parte finale del viaggio in avvicinamento alla foce.
Se proprio si vogliono trovare somiglianze con i lavori di altri musicisti – secondo quel procedimento che il grande etnolinguista Giorgio Raimondo Cardona ha chiamato “assimilazione delle categorie” – possono venire in mente certi ultimi lavori di Teho Teardo e ancora di più, anche per le tematiche sottese, alcune recenti fatiche di Hugo Race, soprattutto il doppio Star Birth Star Death. E crediamo non sia un caso che il musicista di Melbourne presti la sua inconfondibile voce nel brano My Cocoon, oltre ad essere la voce narrante, insieme a Carola Campana, della versione inglese del documentario. Insomma, se proprio si volesse provare a dare una qualche risposta a quei “falsi problemi” enunciati all’inizio, si potrebbe dire che il disco regge benissimo all’ascolto “solitario”, ma fa anche venir voglia di vedere il documentario.
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Renzo Nelli
“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.
