Gavin Friday - Ecce Homo

L’ex Virgin Prunes Gavin Friday pubblica Ecce Homo.

Tredici anni separano Catholic, dove Gavin Friday si presentava citando Michael Collins in iconica cover, da questo Ecce Homo, dal  Nietzschiano titolo; intervallati lo scorso anno dalla riproposizione di Peter And The Wolf, aggiornata con i disegni di Bono giusto per le allodole, ma che aveva già qualche annetto sulle spalle.

Chi ha seguito il personaggio, magari sempre alla ricerca speranzosa di nuove emissioni, sa che non è stato con le mani in mano, anzi, è diventato abbastanza una public figure per la scena culturale di Dublino, ha scritto, recitato, composto colonne sonore e partecipato a progetti di band di stranicchia. E, prima del Covid, aveva annunciato che stava lavorando su qualcosa di incredibilmente diverso, pythonianamente parlando.

L’incontro con Dave Ball

Ecce Homo nasce quindi in un’epoca ed esce in un’altra, e ci restituisce l’ex Virgin Prunes in una forma molto diversa, apparentemente, dal suo passato, soprattutto distante anni luci da Catholic e con pochissimi riferimenti alla prima trilogia di capolavori (Each Man Kills etc, Adam’n’Eve e Shag Tobacco da avere…). Frutto di rinnovata alleanza con quel Dave Ball di Softcelliana appartenenza che già produsse il secondo, non memorabilissimo, album delle Prugne prima dello scioglimento; e al cui  album solista Gavin Friday partecipò ancor prima di emanciparsi.

Ecco quindi che i testi, ancora una volta sospesi tra il politico, a tratti naif, ed il personale con qualche rimpianto, trovano nelle basi scambiate con Ball ragione di concretizzarsi in alcune elettrosongs che pagano un po’ il fio ad un modernariato sonoro proprio di casa Soft Cell ma che, attraverso l’uso della voce magnetico/seduttivo/pagano di Friday offrono comunque, nell’edizione in cd, ben 13 songs che invitano all’ascolto reiterato (in controtendenza con la vinilmania da capitalisti, il disco ha solo 8 brani).

Gavin Friday – Ecce Homo: a sorpresa, il disco convince

Si inizia dunque su echi parabowiani con Lovesubzero che declina subito il passo del lavoro, intro atmosferica e beat che arrivano in crescendo con relativi profumi eighties. Ecce Homo è già nota, gli perdono un ritornello che sa di già sentito ma, quando il ritmo prende letteralmente piede, senti Almond anche se non c’è.

The Church of Love in pura allure disco è episodio synthpop con giovanilistico approccio, prossimo ad Adam’n’Eve, mentre Stations of the Cross è accorata torch song per l’amica di sempre Sinead, scelta coraggiosa farne il secondo singolo.

Lady Esquire, con il suo incedere elettromarziale tocca argomenti relativi ad una gioventù borderline tra creatività ed autodistruzione, e When the World Was Young ne è tematicamente seguito ideale , cartoline di un Lipton Village per un film immaginario. Prosegue il discorso con The Best Boys in Dublin ,quasi un trittico idealizzato molto atmosferico ma non soporifero, per chiudere i brani su vinile con Lamento che conclude in modalità soundtrack.

I successivi 5 pezzi contenuti sul cd consistono in una ripresa di When the World molto atmosferica, si riprendono suggestioni passate in Cabarotica in cui si danza, Amaranthus che ha richiami ancestrali, Daze che  è un simpatico upbeat, il migliore tra le bonus che  precede il conclusivo, stavolta sì, monito di Behold The Man molto Virgin Prunes.

Beh, stavolta mi è andata meglio: in un anno di ritorni, almeno con questo sono ancora sveglio.

Gavin Friday - Ecce Homo
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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