Ibeyi e Spell 31: un progetto ambizioso, forse troppo
Per il terzo album in studio, le gemelle franco-cubane Lisa Kaindè e Naomi Diaz partono da lontano evocando, già nel titolo, il libro dei morti degli antichi egizi. Tra spiritualità e sincretismi le Ibeyi continuano il loro percorso di ricerca originale, rivolto a un pubblico particolarmente raffinato ed esigente. Le abbiamo lasciate cinque anni fa con Ash, un album denso corposo e variegato, impreziosito da soluzioni particolari in grado di abbracciare un orizzonte vasto ed eterogeneo. Spell 31 (XL Recordings) cambia leggermente rotta e strizza l’occhio a un mercato più mainstream dove il sound primigenio si fonde con sonorità r’n’b lasciando meno spazio all’ambito afro-latino, più presente nei precedenti lavori.
Spell 31: la tradizione funeraria egizia incontra il rap britannico e il risultato è incerto
L’eredità di Ash è pesante e replicarne il consenso è un’ impresa faticosa. Le Ibeyi, per la fatidica terza prova, cercano di ampliare il bacino di utenza puntando su alcuni pezzi forti in collaborazioni con artisti provenienti da altri ambiti. La scelta è quella di un album breve e conciso, quasi un pastiche musicale che alla fine, però, ha una struttura che pare incompleta.
Le nuove canzoni
Tra intermezzi e preludi Spell 31 decolla con il primo singolo, Made Of Gold, in coppia col rapper inglese Pa Salieu. Particolarmente riuscito, Made Of Gold è il momento in cui le sonorità delle origini si sposano meglio con un genere apparentemente lontano dal catalogo proposto finora dalle Ibeyi. Altri momenti degni di nota sono i restanti duetti: Lavender And Roses feat. Jorja Smith e Rise Above con Berwyn, rapper e produttore londinese di origini caraibiche. Fin qui tutto bene. Il problema è che quel che rimane di Spell 31 sono un paio di canzoni decorose, ma che non arrivano a stupire quanto ci si aspettava. Mancano pezzi forti del calibro di Transmission, No Man Is Big Enough For My Arms o la splendida The River dall’LP omonimo del 2015. Un album di transizione quindi e un timido tentativo di raggiungere un pubblico più ampio che lascia perplessi senza mettere in dubbio le capacità, già note, delle ragazze che, figlie d’arte, sapranno senza dubbio trovare nuove e più convincenti prospettive.
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