Idles - Joy As An Act Of Resistance | Recensione TomtomrockPartisan Records - 2018

La gioia come atto di resistenza secondo gli Idles.

Tendenze dell’oscurità contemporanea: i Low incidono un album estremo come Double Negative eppure chiudono i loro concerti invitando alla speranza; gli Idles continuano a suonare brutti, sporchi e sarcastici eppure intitolano il loro disco Joy As An Act Of Resistance. Aveva dunque ragione David Crosby quando cantava “Ma tu sai che l’ora più buia è sempre quella prima dell’alba”? Speriamo di sì. (*)

Brutti, cattivi e sarcastici dicevamo degli Idles. Il gruppo bristoliano, non a caso, viene sovente paragonato agli Sleaford Mods. Il punto è che gli SM suonano a volte troppo nichilisti, troppo miserabilisti. Gli Idles invece mostrano un’attitudine più variegata. Questo già a partire dai titoli dei loro dischi: il primo (2017) si chiamava Brutalism, il secondo, come detto, Joy As An Act Of Resistance. Anche nell’aspetto i cinque “indolenti” sfoggiano un autentico florilegio di stili andando dal nerd all’hippie post-atomico, dall’hipster al cantautore indie-triste. E poi c’è il cantante Joe Talbot che sembra un incrocio fra Lemmy e Bartolomeo Vanzetti. E nessuno ha davvero un’aria punk/post-punk in sintonia con la musica suonata.

I suoni di Joy As An Act Of Resistance

La musica, dunque. Joy As An Act Of Resistance non cambia molto rispetto al lavoro precedente: brani viscerali, aggressivi, persino violenti, cantati con grande enfasi. In questo senso il paragone più plausibile è con i Protomartyr. Tuttavia, a differenza dei cugini d’oltreoceano gli Idles mostrano una passione molto punk per la frase cantabile a squarciagola, per l’inno da concerto  e ciò li rende più avvicinabili e anche più positivi. Il risultato è che i 42 minuti del disco scorrono vitali  e in diversi momenti esaltanti, come nel caso di Danny Nedelko e Samaritans (che poi sono i momenti più simili a vere e proprie canzoni).

Le parole di Joy As An Act Of Resistance

Joy As An Act Of Resistance presenta un’altra caratteristica significativa. Si tratta infatti di un disco militante, molto chiaro negli intenti e nei bersagli prescelti. A finire sotto accusa sono il maschilismo, l’omofobia, il bullismo, la Brexit, il razzismo e, più in generale, tutto quanto è il pensiero comodamente qualunquista odierno. Insomma ci troviamo davanti a dei cattivi buonissimi. Il tono spazia dalla rabbia accorata di Danny Nedelko al sarcasmo di Never Fight A Man With A Perm (titolo dell’anno e testo del mese per il nostro sito) al geniale ritratto di un disadattato di sinistra tratteggiato in I’m Scum. In un contesto a sé stante si pone  la straziante June che Joe Talbot dedica alla memoria della figlioletta morta in fasce.

A dispetto di tutto questo, anzi per tutto questo, Joy As An Act Of Resistance offre proprio quello che dice il titolo: la gioia come atto di resistenza. Inutile far notare a questo punto che si tratta del secondo disco importante del 2018 con la parola ‘resistenza’ nel titolo (l’altro è Songs Of Resistance 1942-2018 di Marc Ribot). Un caso o un segno? La seconda ipotesi vince a mani basse.

(*) A dire il vero il testo di Long Time Gone prosegue in modo meno speranzoso: “Sembra passerà molto tempo prima dell’alba”.

 

Idles - Joy As An Act Of Resistance
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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