Kim Gordon – The Collective

Kim Gordon, dai Sonic Youth a The Collective.

The Collective (Matador) esce a cinque anni dal disco precedente, No Home Record, ma non si può dire che Kim Gordon abbia sprecato il suo tempo. Mai ferma dopo la fine dei Sonic Youth, in quest’ultima decina di anni circa l’artista è stata attiva su diversi fronti. Ha preso parte a film d’arte ma anche a una serie tv (Animals), a un film di Gus Van Sant, Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot, all’horror tedesco The Nightmare. Nel 2015 è uscito il libro autobiografico Girl in a Band, che parte dall’infanzia per arrivare al divorzio amaro  da Thurston Moore, passando per le varie esperienze, musicali e non, accumulate nel corso dell’ormai lunga carriera. Senza tralasciare il coronamento dei suoi interessi artistici nella prima retrospettiva interamente sua, Kim Gordon: Lo-Fi Glamour, all’Andy Warhol Museum. Era il 2019.

Justin Raisen

Poi naturalmente, per lei come per tutti, ci sono stati gli anni del covid, ma nel frattempo le idee sono maturate. Per The Collective, Kim Gordon riparte da alcuni fra i momenti migliori di No Home Record, in particolare dalle atmosfere di un pezzo come Paprika Pony e dalla collaborazione già rodata con il produttore losangeleno Justin Raisen, uno che ha lavorato con pop star come Charli XCX, ma anche con John Cale, passando per Yves Tumor. Rispetto al precedente lavoro da solista, invece, Kim Gordon abbandona il suono di pezzi più direttamente legati al rock, come Air bnb: The Collective è davvero qualcosa di nuovo, un passo oltre.

Insieme con Raisen, Gordon sviluppa un disco che richiederà ai vecchi fan dei Sonic Youth uno sforzo: beat trap e hip-hop sono il fondamento ritmico dell’intero disco, sui quali droni di chitarre e un tappeto di suoni industrial si incrociano con la voce a volte al naturale, a volte filtrata da effetti e persino (Psychedelic Orgasm) dall’autotune.

Da I’m the Man alle altre canzoni

I’m the Man, uscita come secondo singolo, è il pezzo di maggiore impatto, un industrial-trap spettacolare con Kim Gordon che traccia un ritratto maschile spietato quanto patetico. In apertura l’altro singolo che ha preceduto l’uscita di The Collective, Bye Bye, ancora più influenzato dall’hip-hop persino nel parlato ritmico di Gordon, che elenca un’ipotetica lista di oggetti da mettere in valigia.

Nella prima parte, fra Bye Bye e I’m the Man, troviamo la claustrofobica The Candy House, nella quale si inserisce un breve intermezzo rap di YBG, mentre I Don’t Miss My Mind, fantastica cavalcata su un beat pesante accompagnato da fischi di un treno ansimante, è quasi ballabile.

Il passaggio centrale con Trophies, It’s Dark Inside, Psychedelic Orgasm, Tree House è il più oscuro e meno immediato, con richiami alla no wave, ma senza alcun revivalismo. Poi arriva  il terzetto che chiude in modo spettacolare il disco: Shelf Warmer ha un beat ipnotico e ondate di suoni che lasciano spazio alla voce; l’industrial torna in The Believers, insieme a brevi e per questo efficaci aperture melodiche; chiude Dream Dollar, la canzone più vicina (però mica tanto) a un’idea di rock, con velocità alternate e una chitarra distorta.

Kim Gordon – The Collective: un disco per il presente

I testi delle canzoni sono intellegibili a tratti, perfettamente radicati in un presente di ossessioni e di vuoto, di difficoltà di dare un senso alle cose, come nel ritratto di Los Angeles offerto da  Psychedelic Orgasm:  Andare al negozio / Devo preparare / Passare davanti a tutti i ragazzini / alle prese con Tik-Tok / Sorseggiando frullati / Vorrei sapere che cosa / Che cosa stavano preparando / Che cosa stavano preparando / Scegliere le patate a 20 dollari ciascuna / Scegliere le patate/  L.A., L.A. è una scena artistica.

La capacità di The Collective di sintetizzare molti fra gli stili più interessanti di questi ultimi decenni, pescando fra scena alt e tendenze che invece hanno dominato il mercato, attesta la posizione di Kim Gordon quale regina della coolness. E tuttavia qui, più che in passato, la sua ricerca arriva a una sintesi musicale perfettamente riuscita ed eccitante dall’inizio alla fine. Facile dire che a inizio marzo abbiamo già il disco dell’anno. Più di questa banalità, conta l’aver mostrato che una strada al nuovo, e a un nuovo che possa parlare dei nostri tempi in modo tutto sommato diretto, è ancora possibile.

Kim Gordon – The Collective
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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