Dopo gli Stereolab ed altre esperienze meno incisive, Laetitia Sadier approda a Rooting For Love.
Ha 56 anni Laetitia Sadier, e un curriculum lungo più di 35 anni tale da renderla una delle indiscusse icone del mondo alternative/indie degli ultimi anni, soprattutto grazie alla band che fondò a Londra nel 1990, gli Stereolab. Lei è da sempre membro fondamentale per la band con la sua voce e tastiera (e all’occorrenza anche chitarre), con il sodalizio compositivo con Tim Gane che ha fatto funzionare il loro ambient-pop per 20 anni, fino al 2010, quando il decimo album Not Music ha chiuso per ora la loro storia discografica (ma non quella del gruppo, che resta attivo in tour). Da allora la Sadier ha chiuso anche l’esperienza dei Monade, il suo side-project storico (3 album all’attivo), per cominciare a pubblicare a proprio nome, una carriera solista che arriva con questo Rooting For Love (Drag City) al quinto capitolo.
Rooting For Love: una svolta per Laetitia Sadier
Disco che ha tutta l’aria di poter rappresentare un punto di svolta, perché dopo quattro album che parevano cercare una marca personale, qui la Sadier pare avere le idee chiarissime su dove vuole andare, abbracciando tutta la tradizione francese ancora più di quanto abbia mai fatto con gli Stereolab o da sola.
Per cui, in una curiosa ma avvincente alternanza di brani francofoni e anglofonI, via a rimandi a Françoise Hardy (The Inner Smile), al pop della Jane Birkin degli anni settanta, ma ancor più a quel mix di elettronica e easy-pop dei dischi migliori della figlia Charlotte Gainsbourg. In più, sperimentalismi e azzardi vari (La Nageuse Nue), e un grandissimo lavoro di arrangiamenti vocali (ospite fisso è un intero ensamble vocale chiamato semplicemente The Choir) e strumentali (con lei fanno tutto Hannes Plattmeier e Emmanuel Mario, noto come Astrobal).
Un disco tra Francia e Inghilterra, tra modernità e vintage
Ma al di là di aver trovato i collaboratori più adatti a questo suono, che unisce sapientemente sonorità vintage e modernità varie (tra i vari aiuta molto anche il bassista degli Stereolab Xavi Muñoz, con i suoi groove da funky-dance di altri tempi), traspare in questi dieci pezzi una consapevolezza maggiore di avere voglia di proseguire da sola, portando sempre più fieramente nel mondo anglosassone la propria cultura musicale francese (il singolo Panser L’inacceptable avrebbe fatto innamorare perdutamente Serge Gainsbourg), ma non dimenticando tutto il proprio amore per il pop indipendente londinese (Who + What o New Moon, quest’ultimo brano che era già uscito in periodo di lockdown).
E non dimentichiamo poi i testi, da sempre molto impegnati nelle lotte sociali ed ecologiche, e spesso sfocianti in vere e proprie polemiche politiche, qui forse tenuti più a freno del solito in nome di una generale ricercata eleganza, ma pur sempre presenti nella sua scrittura. Non è per tutti palati Rooting For Love, ma consigliamo a tutti di provare un assaggio che potrebbe rivelarsi assai gustoso.
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