Deserted, ovvero la coerenza dei Mekons.
Nove brani di coerenza. Si legga, per favore, nove brani di coerenza, punto! I Mekons sono un gruppo inossidabile e longevo. Vengono da Leeds e da quarant’anni (42 per l’esattezza) percorrono una strada che più dritta non si può. Lo fanno in nome del rock, ma alla loro maniera: un po’ di punk, ordinato, alla Clash, un po’ di folk, alla Pogues, senza fisarmoniche… In mezzo, un profondo rispetto verso la miglior country music dell’altro lato dello stagno. Per quest’ultima passione, e per il fatto di agire per gran parte dell’anno negli Stati Uniti, qualche rivista attendibile, come Uncut, li piazza senza problemi nella categoria ‘’Americana’’ delle recensioni… Ma è comunque vero che Deserted richiama grandi spazi ed è stato registrato in uno dei posti più speciali d’America: Il Joshua Tree National Park in California.
Deserted fra deserti e disertori
Deserted è una specie di concept album, nella doppia accezione del termine. Il deserto ricorre in molte canzoni (In The Desert, Mirage), così come i disertori. Tra le bizzarrie dei testi si nota subito un Lawrence Of California, omonimo di quello d’Arabia, ma alle prese con altri deserti. Oppure il Rimbaud fuggiasco che viene evocato in Harar 1883. Altri segni più o meno desertici si trovano nelle molte stelle di una notte in tenda (How Many Stars) o nel barattolo di sabbia comprato da uno stranito Iggy Pop a Berlino (Weimar Vending Machine).
I Mekons in viaggio
Si scopre poi che alcuni canzoni sono ispirate da deserti diversi, australiani o africani, frutto di viaggi, tournée o della pura curiosità dei membri della band. I Mekons sono in otto, con due donne, la voce storica di Sally Timms e il delizioso violino di Susie Honeyman. Degli altri ricordiamo lo storico batterista dei Rumour di Graham Parker, Steve Goulding, il poliedrico Lu Edmonds (PIL, Damned, 3 Mustaphas 3) e i due fondatori, Tom Greenhalgh e Jon Langford, ovvero i più coerenti fra tutti.
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