I Muse, Simulation Theory e gli anni ’80.
Tre anni fa, Drones aveva proposto i Muse alle prese con un concept-album a tinte rock. Nel 2018, Simulation Theory cambia notevolmente le cose. Assistita da Rich Costey, Mike Elizondo, Shellback e Timbaland alla produzione, la band di Matt Bellamy sforna undici canzoni cariche di synth e di riferimenti agli anni ’80. A partire dalla copertina rivelatrice, con i suoi riferimenti all’immaginario della fantascienza di quel tempo, tipo Ritorno al futuro con un pizzico di Blade Runner.
Le canzoni di Simulation Theory
Il singolo Algorithm apre Simulation Theory dando un’idea precisa di ciò che aspetta l’ascoltatore. Una secca batteria, la chitarra di Bellamy mascherata dagli effetti, un crescendo che non prende mai il volo. Ma non è male, al pari dell’altro singolo Pressure. Peggio quando i Muse decidono di suonare potenti, cosa che in questo disco non gli riesce tanto bene. Così, Get Up and Fight finisce per somigliare ai 30 Seconds to Mars (e non è un complimento).
Qualche brano prende una direzione diversa: Propaganda è un funky leggero con Bellamy tutto in falsetto. Ricorda non poco il Prince di Kiss (e questo è un complimento). Soprattutto, ricorda che un tempo i Muse suonavano sexy. Ma era tanto tempo fa, prima che Bellamy partisse in quarta con fantasie sci-fi a infarcire i testi e smanie prog-rock a infarcire i suoni.
La produzione di Simulation Theory convince poco
Anche Propaganda, però, ha un elemento che accomuna tutto Simulation Theory, ossia una produzione orrenda. Niente contro i synth, ma non è detto che debbano produrre per forza grossi suoni fastidiosi. Mentre qui, purtroppo, lo fanno spesso. Ed è un peccato, perché di tanto in tanto spunta una melodia (come in Blockades e Dig Down) che rinvia ai tempi d’oro dei Muse.
Matt Bellamy e le scelte dei Muse
Come per molti gruppi o solisti che sono arrivati dal punto di vista commerciale, ma che suonavano decisamente meglio un tempo, quando non riempivano gli stadi, mi capita di chiedermi se gli piace davvero la musica che incidono oggi. Ho qualche dubbio. Per esempio, per il fatto che un eccellente strumentista come Matt Bellamy si senta ben poco sia al piano sia alla chitarra durante tutto Simulation Theory. Ed è un peccato, rammentando una sua performance nel 2004, quando il solo vederlo suonare valeva già il biglietto.
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