Nicki Minaj torna con Queen.
Quarto album per Nicki Minaj, Queen, che arriva dopo quel Pinkprint ch’era piaciuto a molti ma non a me. Che Nicki Minaj sia ottima rapper è difficile da negare. Ed anche Queen lo dimostra. Tuttavia, spesso la produzione latita o porta Nicki a ricoprire un ruolo da popstar edulcorata che non è suo. Riuscirà Queen a invertire la tendenza?
Queen parte bene
Il primo brano, Ganja Burn, è rassicurante. Su una base incalzante di ritmi reggae-caraibici, Nicki Minaj mette a frutto il suo flow incredibilmente dinamico, ricco di toni e velocità. Un successo assoluto.
Al quale segue un altro buon momento, Majesty, a fianco dell’inglese Labrinth e soprattutto di un Eminem che le ruba la scena con uno fra i suoi versi più veloci – e se il rap fosse una corsa di velocità nessuno potrebbe ambire a batterlo. Segue la canzone che ha fatto maggior scalpore: Barbie Dreams, nella quale Nicki Minaj, mai troppo sottile ma sempre divertente, confida ai molti milioni di ascoltatori alcuni particolari dei suoi rapporti non professionali con noti rappers del circuito. La base utilizza ampiamente Just Playing (Dreams) di Notorious B.I.G.
Il risultato di Queen non eguaglia le qualità di Nicki Minja
Altrove il disco vira però decisamente verso il pop senza troppo interesse delle prove precedenti. Ormai è evidente che Nicki Minaj non si distaccherà facilmente dal prodotto da classifica al quale ha abituato il suo pubblico. Così ci sono la collaborazione zuccherina con Ariana Grande (Bed) e l’inutile ballata Come See About Me. Peccato perché quando la si ascolta su Chun Swae e Chun-Li (che non sono esattamente due capolavori) si capisce bene dove potrebbe arrivare osando di più.
https://www.youtube.com/watch?v=zxtl5ExJmag
Coco Chanel con il suo idolo Foxy Brown in chiusura non risolleva più di tanto questo Queen, che finisce per essere troppo episodico per entusiasmare.
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