Richard Hell - Blank Generation recensioneSire - ristampa

Ristampa “deluxe” per un disco “straccione”: Blank Generation.

Richard Hell - Blank Generation recensione
Sire – ristampa 2017

La “40th Anniversary Deluxe Edition” di Blank Generation ha almeno un grosso merito. Ripristina infatti la copertina originale dell’LP, sostituita con altra, e meno efficace, immagine per la ristampa in cd del 1990.

Il Richard Hell a torso nudo ed espressione esistenzial-sfrontata è persino più iconico della Patti Smith falso angelo fotografata da Mapplethorpe sulla copertina di Horses. O dei Ramones falsi teppisti del primo disco.Non a caso fu proprio lo stile straccione di Hell, spille da balia incluse, a ispirare i punk inglesi.

Blank Generation disco-icona del punk

Quanto alla sostanza sonora, Blank Generation va considerato inferiore – ma non di molto – a quei due folgoranti esordi.  E anche ad altre due opere prime fondamentali per il rock di New York, e per il rock tutto,  Marquee Moon  dei Television e 77 dei Talking Heads. All’interno di questo pantheon dei bassifondi è il disco più aspro, più veramente incasinato. In tal senso lo si può paragonare a L.A.M.F. degli Heartbreakers, grande lavoro massacrato da tristi vicende discografiche.

Richard Hell – vero nome  Richard Meyers – inizia a incidere Blank Generation ai primi del 1977. Prima di allora era stato fondatore dei Neon Boys (poi Television) insieme all’amico-nemico Tom Verlaine. Aveva anche fatto parte degli Heartbreakers appena nominati.

Quel genio di Robert Quine

Con lui in sala d’incisione ci sono i Voidoids, un buon gruppo con un fuoriclasse alla chitarra: Robert Quine.  (Aspetto da “assicuratore squilibrato” – come disse lo descrisse lo stesso Richard Hell – Quine è uno dei grandi strumentisti sconosciuti del rock. Suonerà anche con Lou Reed in The Blue Mask.  Morirà suicida nel 2004.)  E’ Quine a tratteggiare, già dai primi secondi del primo pezzo,  la spigolosità, sempre e comunque ben strutturata, che è il tratto strumentale caratterizzante di Blank Generation.

“Love Comes In Spurts”

L’album si apre con uno dei pezzi-caposaldo del punk, Love Comes In Spurts, che Hell aveva  già cantato con i Neon Boys e gli Heartbreakers. Fin dal titolo, “L’amore viene a spruzzi”, le apparenze sono quelle di una canzone di anti-amore, e così viene di solito definita. In realtà è una canzone fragile, lacerata: “Perché l’amore viene a schizzi/ Con relazioni pericolose/ E ti assassina il cuore – Ma quella è la parte che non ti raccontano”. Una My Way psicotica, più  o meno.

“I belong to the blank generation”

L’altro momento  classico è rappresentato dalla title-track, anch’essa già cantato dal vivo con gli Heartbreakers. Blank Generation è la riscrittura di The Beat Generation, brano inciso nel 1959 da Bob McFadden & Dor che ironizzava sulle affettazioni dei beat esistenzialisti di quel periodo.

La Blank Generation di Hell, quasi un pezzo swing-punk, usa invece un’ironia amara per descrivere personaggi di una generazione vuota, incapace di riconoscersi in alcunché. O di rapportarsi con il mondo: “E’ affascinante vedere cosa può fare uno specchio/ ma quando pranzo scelgo un tavolo di fronte al muro”. Nichilismo, dunque, ma di grande forza poetica. (I Sex Pistols ne avrebbero tratto lo spunto per la loro Pretty Vacant).

Il resto dell’album

Le altre otto canzoni non possono reggere il confronto con simili capolavori. Sono meno incisive, meno definite, meno memorabili ed è forse questo che fa perdere all’album il confronto con gli altri classici newyorkesi coevi. C’è comunque una piacevole alternanza di stili, dall’anfetamina di Liars Beware alla stuporosità rallentata di Betrayal Takes Two, passando per la spettrale cover di Walking On Water dei Creedence Clearwater Revival.

Il classico “segreto”

Ma i primi fan dei Voidoids amavano soprattutto Another World. Dedicato alla musicista e scrittrice francese Lizzy Mercier Decloux è un inno all’amore totale, insensato: “Sto cancellando il mio volto/ Ti voglio da pazzi/ Voglio essere te/ E’ futile. È triste”.  La struttura sonora è quella di un funk fatto a pezzi e ricostruito in cui Robert Quine, ancora una volta, risulta decisivo. Il pezzo si  conclude, e conclude l’album, con la psiche di Richard Hell che deraglia in mezzo a un attacco di tosse. Da fare invidia a David Byrne.

Il materiale aggiunto e un auspicio

Il materiale aggiunto è interessante ma come di consueto, non fondamentale. Sette pezzi provengono da session di qualche mese precedenti a quelle che avrebbero prodotto l’album. Poi ci sono le registrazioni del primo concerto al CBGB’s e infine c’è Oh, (bel) frutto di un’effimera riunione dei Voidoids nel 2000.

Sarebbe bello ora poter riascoltare il secondo album di Richard Hell, l’oggi introvabile Destiny Street, inciso quando la vita del nostro era diventata – nomen omen – un inferno.

Richard Hell & The Voidoids - Blank Generation
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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