Acts Of Fear And Love conferma e innova in casa Slaves.
Arrivano al terzo album gli Slaves con questo Acts Of Fear And Love. Il duo composto da Laurie Vincent e Isaac Holman annuncia l’attitudine già dalla copertina: uno dei due seduto sul cesso, a conferma della non eccessiva finezza che li ha caratterizzati sinora, e l’altro nella vasca da bagno proteso verso il figlioletto, che potrebbe indicare un ammorbidimento del punk originario. La paternità di Vincent modera dunque il suono senza compromessi dei primi due dischi? O forse interferiscono le sue escursioni extramusicali?
Le novità di Acts Of Fear And Love
L’iniziale The Lives They Wish They Had suggerisce una risposta negative. Parte come un inno Oi! per poi volgersi all’hardcore con grande efficacia. Ma Acts Of Fear And Love in effetti mostra anche la volontà di uscire dai riffs violenti e dalla voce urlata che sono il marchio di fabbrica del duo inglese. A volte, come in Daddy, l’esperimento non pare del tutto riuscito. Molto meglio la title track che chiude Acts Of Fear And Love. Qui gli Slaves alternano un piglio meditativo a un hook urlato. Un po’ come in Photo Opportunity, pure niente male.
Gli Slaves si confermano solidi seguaci di una tradizione punk molto brit
Acts Of Fear And Love non lascerà delusi nemmeno i fans degli esordi. Difatti l’album è finito subito nelle prime dieci posizioni della classifica UK. Molti sono i brani senza compromessi, da Bugs a Chokehold. L’influenza di un certo punk-blues di matrice inglese è pure sempre presente, per esempio in Magnolia. Non per niente gli Slaves hanno cercato nel precedente Take Control la collaborazione con Baxter Dury. Ma ovviamente su Acts Of Fear And Love quel suono si indurisce e si adegua ai tempi. Un disco di transizione saggia, potremmo definire Acts Of Fear And Love. C’è abbastanza per non diventare una formuletta, ma ciò che funziona non si cambia tanto alla leggera.
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