Recensione: Weezer – OK Human
I Weezer di OK Human: meno chitarre, più orchestra.

Atlantic – 2021
Tomtomrock si è occupato saltuariamente dei Weezer e sempre con lo stesso recensore. Nelle due precedenti occasioni detto recensore non mancò di ricordare di avere intervistato nel 1994 Rivers Cuomo, il genio del gruppo, e di averlo trovato gentile, timido e con modi nerd. Modi che sono rimasti fino a oggi un suo tratto caratterizzante.
Avendo citato anche stavolta quel simpatico incontro, passiamo a parlare di OK Human dove Cuomo e i suoi si dimostrano, per citare un noto regista italiano, “uguali ma diversi”. Ovvero uguali nello spirito ma diversi nei suoni.
Vecchio e nuovo in OK Human
Uguale al passato è, ad esempio, la dimensione ironica che già il titolo mette in campo, citazione del celebre Ok Computer dei Radiohead. Familiare è anche l’idea di disadattamento programmatico (che pare autoaggiornarsi con il passare degli anni), “la sensazione di essere isolato, alienato e recluso”, come spiegato in un’intervista concessa al New Musical Express”. E si badi bene che tutte le canzoni sono state scritte in epoca pre-Covid; come dire che per la pandemia il nostro sembra essere ‘nato imparato’. Nella stessa intervista Cuomo spiega anche che Ok Human è un “album eccentrico, personale, non-commerciale e senza chitarrone”.
Le ultime due parole escono dalla nebbia delle intenzioni fin dai primi secondi della prima canzone, All My Favourite Songs. Su un quieto fondale bucolico Cuomo canta: Tutte le mie canzoni preferite sono lente e tristi/ Tutte le mie persone preferite mi fanno diventare matto”. A questo punto invece di arrivare basso, batteria e, appunto, chitarrone entra in campo l’orchestra. La cosa buffa è che in questo nuovo mare sonico i Weezer, e soprattutto il loro leader, sembrano nuotare benissimo. Anche se l’acqua non è proprio limpida, come dimostra Aloo Gobi, pop cameristico e guizzante alla Magnetic Fields utilizzato per descrivere la noia della vita da uomo colto e, inutile dirlo, complicato: “Cosa danno all’Aero? Un film noir francese/ Non voglio sedermi vicino agli essere umani, sono agorafobico/ Ordino un macchiato decaffeinato/ Sento qualche pezzo di Gainsbourg”. (*)
Rivers Cuomo (e i Weezer) fra leggerezza e sofferenza
Il resto dell’album funziona allo stesso modo, e funziona tra il simpatico e il molto buono, all’insegna di una dicotomia molto contemporanea: musiche all’aria aperta e parole chiuse in una stanza, pop lieve ed escapismo dolente. E se Numbers si ammoscia quasi subito e Bird On A Broken Wing tende al lezioso, Screens sfoggia un volo melodico d’alta quota mentre Here Comes The Rain potrebbe non dispiacere ai fan dell’Elton John periodo Captain Fantastic. Quanto a Playing My Piano, melodrammatica e grandiosa fra Billy Joel e Ben Folds, il passo sarebbe addirittura da Great American Songbook, se non fosse per quel verso che dice “non mi lavo i capelli da tre settimane”. Insomma siamo sempre lì…
Il prossimo album del gruppo, già pronto ma rimandato alla primavera, s’intitola Van Weezer ed è annunciato come album heavy metal. Nerd metal? Sarebbe bellissimo.
(*) Sempre nell’intervista al NME Cuomo racconta che durante il lockdown ha molto rimpianto quella routine che all’epoca gli era sembrata così costrittiva.
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Giornalista musicale di pluriennale esperienza, ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E’ autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume “Folk inglese e musica celtica”. E’ stato uno dei curatori della riedizione, nel 2017, degli album di Rino Gaetano. Fa parte della giuria del Premio Piero Ciampi. Si occupa di eventi di vario tipo dedicati alla musica rock.