I Weezer di OK Human: meno chitarre, più orchestra.
Tomtomrock si è occupato saltuariamente dei Weezer e sempre con lo stesso recensore. Nelle due precedenti occasioni detto recensore non mancò di ricordare di avere intervistato nel 1994 Rivers Cuomo, il genio del gruppo, e di averlo trovato gentile, timido e con modi nerd. Modi che sono rimasti fino a oggi un suo tratto caratterizzante.
Avendo citato anche stavolta quel simpatico incontro, passiamo a parlare di OK Human dove Cuomo e i suoi si dimostrano, per citare un noto regista italiano, “uguali ma diversi”. Ovvero uguali nello spirito ma diversi nei suoni.
Vecchio e nuovo in OK Human
Uguale al passato è, ad esempio, la dimensione ironica che già il titolo mette in campo, citazione del celebre Ok Computer dei Radiohead. Familiare è anche l’idea di disadattamento programmatico (che pare autoaggiornarsi con il passare degli anni), “la sensazione di essere isolato, alienato e recluso”, come spiegato in un’intervista concessa al New Musical Express”. E si badi bene che tutte le canzoni sono state scritte in epoca pre-Covid; come dire che per la pandemia il nostro sembra essere ‘nato imparato’. Nella stessa intervista Cuomo spiega anche che Ok Human è un “album eccentrico, personale, non-commerciale e senza chitarrone”.
Le ultime due parole escono dalla nebbia delle intenzioni fin dai primi secondi della prima canzone, All My Favourite Songs. Su un quieto fondale bucolico Cuomo canta: Tutte le mie canzoni preferite sono lente e tristi/ Tutte le mie persone preferite mi fanno diventare matto”. A questo punto invece di arrivare basso, batteria e, appunto, chitarrone entra in campo l’orchestra. La cosa buffa è che in questo nuovo mare sonico i Weezer, e soprattutto il loro leader, sembrano nuotare benissimo. Anche se l’acqua non è proprio limpida, come dimostra Aloo Gobi, pop cameristico e guizzante alla Magnetic Fields utilizzato per descrivere la noia della vita da uomo colto e, inutile dirlo, complicato: “Cosa danno all’Aero? Un film noir francese/ Non voglio sedermi vicino agli essere umani, sono agorafobico/ Ordino un macchiato decaffeinato/ Sento qualche pezzo di Gainsbourg”. (*)
Rivers Cuomo (e i Weezer) fra leggerezza e sofferenza
Il resto dell’album funziona allo stesso modo, e funziona tra il simpatico e il molto buono, all’insegna di una dicotomia molto contemporanea: musiche all’aria aperta e parole chiuse in una stanza, pop lieve ed escapismo dolente. E se Numbers si ammoscia quasi subito e Bird On A Broken Wing tende al lezioso, Screens sfoggia un volo melodico d’alta quota mentre Here Comes The Rain potrebbe non dispiacere ai fan dell’Elton John periodo Captain Fantastic. Quanto a Playing My Piano, melodrammatica e grandiosa fra Billy Joel e Ben Folds, il passo sarebbe addirittura da Great American Songbook, se non fosse per quel verso che dice “non mi lavo i capelli da tre settimane”. Insomma siamo sempre lì…
Il prossimo album del gruppo, già pronto ma rimandato alla primavera, s’intitola Van Weezer ed è annunciato come album heavy metal. Nerd metal? Sarebbe bellissimo.
(*) Sempre nell’intervista al NME Cuomo racconta che durante il lockdown ha molto rimpianto quella routine che all’epoca gli era sembrata così costrittiva.
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