Due band a una svolta. O forse no?
I Limiñanas sono una realtà francese, per giunta provinciale (Perpignan), apprezzata ormai internazionalmente grazie al suono che miscela garage-pop, colonne sonore morriconiane, Serge Gainsbourg e i Velvet Underground. Lo scorso anno la sortita con il grande chitarrista Pascal Comelade ne aveva messo in luce l’anima eclettica e sperimentale; mentre il nuovo Malamore pare scegliere una strada più pacata, maggiormente pop, che potrebbe alienare le simpatie di vecchi fan, ma anche attrarne di nuove.
Grazie anche alla collaborazione con Peter Hook sull’esuberante Garden Of Love. Lionel e Marie Limiñana, ossia la formazione base, sono però accompagnati anche da altri amici che rendono vario il disco sia strumentalmente sia per le prestazioni vocali. Ma a ben vedere molti degli elementi del passato sono ancora qui: il parlato di Lionel segna i brani più marcatamente Gainsbourg (El Beach, Prisunic, Kostas); i Velvet tornano a influenzare The Dead Are Walking e la conclusione strumentale di The Train Keep A-Loopin; mentre già dal titolo del disco e di molti brani si rinvia a un immaginario da spaghetti western improbabile. Insomma lo stile Limiñanas resta, a tratti anche la verve consueta, sebbene verso la fine il disco tenda a trascinarsi un po’. Ma nel complesso potrebbe rendere la band ancora più nota che in passato.
7,3/10
Abbiamo parlato di recente di quella che a molti pare la nuova grande promessa della canzone d’autore americana, Kevin Morby, mentra passa sotto relativo silenzio l’uscita del nuovo disco della sua ex band, i Woods, al quale sarebbe invece opportuno prestare attenzione. Dal precedente With Light And With Love, del 2014, nelle interviste dicono di eesersi addentrati in sonorità afro-jazz, in particolar modo etiopiche: ma a ben vedere, se questo ha influenzato la loro musica, lo ha fatto spostando il baricentro dal folk al soul, con una ricca strumentazione, come si evince già dall’iniziale Sun City Creeps, con tanto di fiati e la voce sempre in falsetto di Jeremy Earl più adeguata alle nuove inflessioni di quanto non fosse in passato. Il punto di riferimento sono sempre gli anni ’70, ma i Woods si sono spostati dalla West Coast a Detroit; a tratti non siamo lontani, per esempio, dal side-project di Dan Auerbach, The Arcs: ascoltate Can’t See At All o Creature Confort per crederci. La West Coast non è comunque sparita del tutto dalla musica dei Woods, a partire dalle chitarre slide di Morning Light, e il psych folk è ancora al cuore di Hang It On The Wall. Ma nel complesso sorprende la capacità di una band con otto dischi e oltre dieci anni di carriera alle spalle di dare una bella, davvero bella iniezione di vitalità alla propria carriera.
7,6/10