Un desolato John Vignola ripensa, a mente fredda ma fremente, alla 66° edizione del festival più famoso d’Italia.
Questo Sanremo non dà emozioni, ma la musica dà ancora emozioni? E’ questo il punto che solleva il 66° Festival della Canzone. Se le dà, sono emozioni retroattive, nel senso che in questa edizione 2016 ci siamo trovati di fronte pezzi che vanno tutti in direzione della storia del festival e lo fanno in modo un po’ dimesso. Tanto per fare un esempio, hanno vinto gli Stadio che, oltre a non aspettarselo, nelle edizioni precedenti sono sempre arrivati ultimi o fra gli ultimi. Patty Pravo, la bambolina un tempo meravigliosa e ora di pezza, fa se stessa senza voce ma con tanta gomma. Persino Elio E Le Storie Tese non mostrano più alcuna tensione e si citano a memoria. Lo si capisce andando a rivedere la loro prima partecipazione, nel 1996, con La Terra Dei Cachi e confrontandola con quest’ultima, che potremmo definire “la terra dei calchi”. Addirittura Peppe Vessicchio li introduce nello stesso modo.
httpv://www.youtube.com/watch?v=tDqVK8SeOVM
Elio E Le Storie Tese – Sanremo 1996
La situazione è ancora peggiore se parliamo dei cosiddetti giovani, settore dove l’unica cosa intonata è la Amen di Francesco Gabbani, il vincitore della sezione Nuove Proposte. I giovani post-talent non riescono a non citarsi, a non riprendere altre loro canzoni del passato, peraltro in maniera del tutto ovvia. Ormai il Festival di Sanremo è come quelle lavatrici anni ’50 che si inceppavano sempre sulla centrifuga finale, impedendo agli indumenti all’interno di uscire se non a pezzi. E sono pezzi di altre canzoni quelli che fanno capolino in un festival dove l’unica cosa da salvare, anzi da applaudire, è la direzione di Carlo Conti, senza sbavature, nuda, al servizio di una manifestazione che si mostra così per quello che è: il festival dei festival, ma nel senso meno edificante del termine.”