Le Hard Luck Stories di Richard e Linda Thompson.
Richard e Linda Thompson hanno inciso sei album fra il 1974 e il 1982, tutti di qualità fra il buono e l’eccelso, tutti con qualche differenza fra l’uno e l’altro, eppure con un forte tratto di riconoscibilità (come sempre accade ai grandi artisti). E tutti di modesto successo commerciale (come non sempre accade ai grandi artisti). Non a caso questo box a loro dedicato s’intitola Hard Luck Stories.
Il contenuto di Hard Luck Stories 1972-1982
Il cofanettone in questione propone quei sei album più due cd che contengono rispettivamente un pot-pourri di materiale antecedente alla discografia ufficiale e uno con registrazioni live del 1975 e del 1977. Precisato questo, occorre aggiungere che la confezione sfoggia un libretto di 72 pagine con belle foto, note interessanti e scarsa organizzazione delle informazioni (pagine bio da una parte, scaletta e nomi dei musicisti da un’altra e notizie su “edito e inedito” da un’altra ancora).
I dischi ufficiali 1 – La trilogia Island
Richard & Linda Thompson esordiscono con il fosco e magistrale I Want To See The Bright Lights Tonight (1974). L’album racconta le storie di un’umanità disperata che potrebbe essere quella del 1845 di Charles Dickens, quella della Gran Bretagna anni ‘7o del ‘900 in crisi economica, così come quella del 2020 covidiano.
Il suono evolve dal folk-rock dei Fairport Convention lasciati da Richard nel 1970: il folk sta nella dimensione quasi arcana delle composizioni, a volte sinistre a volte psico-gioiose, il rock in una chitarra elettrica pirotecnica che, unica fra le massime sei corde britanniche, deve poco o nulla al blues ma è permeata da qualcosa di indefinibile per quanto del tutto britannico (una volta per tutte va detto che Richard Thompson vale 10 Eric Clapton: più fantasioso come strumentista, più incisivo come autore e più interessante nell’asprezza del suo canto).
Anche la voce di Linda regala qualcosa di indefinibile: la capacità di viaggiare fra pathos e impassibilità e viceversa magari durante lo stesso pezzo. Praticamente tutti i pezzi sono di un’intensità stupefacente. A chi scrive When I Get To The The Border, Calvary Cross e The End Of The Rainbow regalano brividi a ogni ascolto da decenni a questa parte.
Hokey Pokey (1974) attinge al music hall e a Bertolt Brecht ed è un filino meno cupo del suo predecessore anche nelle tinte strumentali, pur proponendo struggentissime ballate come Never Again e A Heart Needs A Home. Pour Down Like Silver (1975) è invece all’insegna dell’austerità: oltre alla sezione ritmica e alla chitarra di Thompson si ascolta solo l’accordion di John Kirkpatrick. I brani si dilatano e assumono un’aria misteriosa e crepuscolare (Night Comes In), forse legata all’avvicinamento dei Thompson al sufismo. Per quanto inferiori all’opera prima, sia Hokey Pokey sia Pour Down Like Silver sono opere magistrali su cui altri musicisti avrebbero costruito carriere trionfali, ma che qui si traducono solo in begli attestati di stima.
I dischi ufficiali 2 – Ritorno alla musica e fine della storia
Abbracciata la fede islamica, per circa tre anni Richard e Linda fanno parte di una comunità itinerante sufi e rinunciano sostanzialmente alla musica. Il ritorno sulle scene è in grande stile: contratto con la Chrysalis e suoni corposi (e filo-americani) per First Light (1978). C’è però un che di ordinario in alcune composizioni e la chitarra di Richard finisce mezza soffocata dal missaggio. Sunnyvista (1979) ritrova qualche amico Fairport e sfodera una prima parte scoppiettante per poi scivolare verso il pop radiofonico o stranezze come l’arab-funk di Justice In The Street.
Shoot Out The Lights è considerato uno dei più grandi divorce-album nella storia del rock, nonostante Richard da sempre insista sul fatto che sia stato interamente scritto prima della crisi matrimoniale con Linda. Indiscutibile è comunque l’asprezza delle melodie, l’angolarità dei suoni, la rabbia e il dolore a tratti quasi palpabili. Il folk è ormai lontanissimo e un paragone può essere semmai fatto con i Talking Heads di True Stories o Naked. Non è un caso che anni dopo Richard Thompson e David Byrne abbiano suonato insieme.
I dischi bonus
Sometimes It Happens propone cose edite e inedite. Ci sono pezzi tratti da Rock On di The Bunch, improvvisato ensemble di musicisti folk-rock inglesi che si divertono a recuperare il rock’n’roll delle origini e che fu galeotto per i protagonisti di questa storia. Ci sono anche due estratti dal primo solo di Richard, Henry The Human Fly, magnifico e tuttavia molto bisognoso di rimixaggio. Spuntano poi le già note, ma rare, The World Is A Wonderful e Restless Boy, dimostrazioni di una scrittura già nitidamente fosca. Come sempre accade in questi casi, l’effetto d’insieme è tanto interessante quanto dispersivo.
The Madness Of Love (Live 1975 & 1977) contiene tutto materiale inedito ed è fantastico per le prime cinque tracce, quelle del ’75: solo voci e chitarra, ma intensità portentosa. Lo strumentale Dargai dimostra la maestria di Richard anche nel settore danze folk (cosa si diceva prima a proposito del confronto Thompson-Clapton?).
A incuriosire molto erano, prima dell’ascolto, i pezzi del 1977, registrati con un gruppo composto di soli musicisti di fede islamica. Purtroppo il risultato è un eastern-funk buono nelle intenzioni e sfinente nella pratica con sezione ritmica banale e tastiere oppressive.
Il giudizio complessivo
Le bonus tracks spalmate alla fine degli album ufficiali sono di interesse limitato. Dispiace poi che la prima versione di Shoot Out The Lights con Gerry Rafferty produttore sia rappresentata da poche tracce quando esiste un bootleg (Rafferty’s Folly) che le propone tutte.
Chi non conosce la musica dei fu coniugi Thompson – da qualche tempo tornati in buoni rapporti – resterà probabilmente affascinato. Ma gli si potrebbe consigliare di limitarsi ad acquistare i superbi I Want To See The Bright Lights Tonight e Shoot Out The Light per poi passare a Holey Pokey e Pour Down Like Silver. Chi invece è un fan vedrà riconfermata la propria ammirazione, ma resterà un po’ deluso dal ‘prodotto’ Hard Luck Stories. Poteva essere un lavoro migliore, più completo (*), più nobile.
(*) Si poteva, ad esempio, inserire In Concert, November 1975, pubblicato nel 2007 e qui rappresentato da un paio di pezzi soltanto.
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