nadine shah fast food cover

nadine shah fast food cover

Secondo album per Nadine Shah: Fast Food

Secondo album per la cantautrice anglo–norvegese-pakistana Nadine Shah, Fast Food mostra cambio di registro rispetto all’esordio di Love Your Dum And Mad, un progetto piuttosto stratificato e orchestrale. Qui è stata operata una netta cesura a favore di un sound scarno e ossuto che corre in ogni traccia, rendendo questo lavoro certamente coeso, e denso ma anche parecchio ripetitivo.
Pare che la nostra sia spesso assimilata dalla stampa ai cavalieri oscuri Harvey–Cave; non sapendo immaginare se lusinga o cruccio questa definizione abbia lavorato nell’autrice (in generale i paragoni non piacciono a nessuno), Nadine Shah si allontana da tale cliché per collocarsi in un ambito temporale che potremmo definire di decadenza anni ’80.

Impossibile non pensare al “big black stallion commanding on stage” – la definizione è della BBC inglese a proposito dell’icona Siouxie Sioux – nel suono monocorde delle chitarre, nell’appoggio vocale di certe frasi e nell’ostinato della batteria a legare brani minimali che parlano di dolore e ossessione.

Un disco bello ma pesante

Convincente la prima parte dell’album a partire dal brano di apertura Fast Food, così come le seguenti Fool e Matador, ove si apprezza meglio il timbro vocale – affascinante e un po’ da crooner. Il disco è comunque pervaso da una immobilità stilistica, sicuramente ricercata, che risulta alla lunga piuttosto spessa da digerire.
Come recita Nothing Else To Do, lo spleen raggela l’esistenza e “non c’era nulla altro da fare se non innamorarsi”: pare un inconsapevole omaggio a Luigi Tenco (Mi Sono Innamorato Di Te), ma con tutt altra attitudine, quella nichilista. Pur rispettando la cifra di Nadine Shah e la sincerità del progetto, quando il disco si conclude avvertiamo un gran sollievo. A volte è così, a volte fa un po’ male, ma è il nostro modesto parere; suggeriamo comunque l’esperienza dell’ascolto, per poterne parlare (e non vale solo per la musica).

6/10

print

Ha iniziato a cantare sui dischi di Donna Summer ed è finita in prima fila al concerto di Siouxsie and The Banshees a Genova negli anni ’80. Ha partecipato al premio Ciampi e lo ha vinto quasi a sua insaputa, partorito il disco Fuoco Veloce nel 2007 e portato in giro il suo "rock tascabile" in strade e concerti tra cui pure un 1° maggio. Ogni tanto scrive anche poesie ma è molto pigra e smette quasi subito. L'unica cosa che non l'annoia mai è la musica che ascolta solo seduta sull'insostituibile divano blu. Si corica presto la sera.

Un pensiero su “Nadine Shah – Fast Food (Apollo – 2015)”

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.